IL VOLO DELL’AQUILA

                                                                                                           

Affonso Romano de Sant’Anna

 

 

 

Visto che siamo in questo clima di rinascita, con lo spirito pronto per nuove cose, comincerò col trascrivere qualcosa che ho ricevuto. Avevo pensato ad una crônica diversa, una cosa del tipo: “Proposte per il nuovo millennio”, come fece Italo Calvino. Ma a volte un testo parabolico, ellittico,  può dirci di più di quelli che hanno la pretesa di essere oggettivi. Eccolo:

“L’aquila è l’unico uccello che arriva ai 70 anni. Ma perché ciò accada, intorno ai 40, deve prendere una decisione seria e difficile.

 A quest’età i suoi artigli sono lunghi e flessibili e non riescono più ad afferrare le prede di cui si nutre. Il suo becco, allungato ed appuntito, si incurva. Le ali, invecchiate ed appesantite dalle penne ingrossate, puntano contro il petto. Volare è ormai difficile.

In questo momento cruciale della sua vita, l’aquila ha due alternative: non fare niente e morire oppure affrontare un doloroso processo di rinnovamento che durerà circa 150 giorni.

La nostra aquila ha deciso di affrontare la sfida: vola verso la cima della montagna e si rifugia in un nido vicino ad un dirupo, dove non avrà bisogno di volare. Lì comincia a sbattere il becco contro la roccia fino a strapparselo. Poi l’aquila aspetta che spunti un nuovo becco con il quale strapperà i vecchi artigli. Quando i nuovi cominciano a spuntare si mette a strappare le vecchie penne. Solo dopo cinque mesi è pronta per il volo di rinnovamento e per vivere altri 30 anni.”

Questo testo è stato inviato come biglietto d’ auguri per l’anno nuovo da Rose Saldiva della Saldiva  Pubblicità. C’è un altro paragrafo esplicativo che commenta questa parabola e il titolo è “Rinnovamento”.

Ho pensato che ti sarebbe piaciuto leggere questo racconto, soprattutto adesso che gennaio ci inonda con la sua luce.

Questo testo vale più di mille illustrazioni.

So quanto sia difficile trovare un’idea nuova e sorprendente per un biglietto di fine anno. Ma questo, oltre a colpire fortemente la nostra immaginazione, scatena in noi una serie di correlazioni e sdoppiamenti.

L’apertura è secca e forte, non c’è una parola di troppo. Sembrano le battute del destino della Quinta Sinfonia di Beethoven. Rileggiamo: “L’aquila è l’unico uccello che arriva ai settant’anni. Ma perché ciò accada, intorno ai quaranta, deve prendere una decisione seria e difficile”.

Ho letto da qualche parte che Jung diceva che intorno ai 40 anni qualcosa di sotterraneo comincia a succederci e gli esseri umani sentono di essere all’apice della loro forza creativa. E’ quando possono (o no) entrare in contatto con le forze profonde della loro personalità.

Ho già sentito da esperti in amministrazione di imprese che c’è un momento in cui queste cominciano a crescere e i loro dirigenti devono prendere una decisione – o fanno in modo che crescano una volta per tutte accettando sfide più pesanti o chiudono perché rimanere immobili significa soltanto rimandare la morte.

Ho già menzionato in altre crônicas il personaggio di Jean Barois (di Roger Martin du Gard) che fece il suo testamento a 40 anni, quando credeva di essere all’apice della sua potenza intellettuale, temendo che in vecchiaia, logorato e stroncato, avrebbe fatto un altro testamento che negasse tutto quello in cui credeva da giovane. Infatti, invecchiando, fece davvero un altro testamento che annullava e smentiva il precedente. Il fatto è che la sua prospettiva nel corso della vita era cambiata come quella dell’osservatore di un fenomeno.

L’anno sta inziando.

Ancora più grave: un secolo sta iniziando.

Gravissimo: più che un anno, più che un secolo, un nuovo millennio si sta inaugurando.

Tre volte Sisifo: l’anno, il secolo, il millennio.

Sisifo - quello che fu condannato a far rotolare un macigno su per la montagna sapendo che quando fosse quasi arrivato in cima- patapum!… Il macigno sarebbe precipitato e lui avrebbe dovuto spingerlo di nuovo verso l’alto.

Ma riprendiamo: “L’aquila è l’unico uccello che arriva ai 70 anni. Ma perché ciò accada, intorno ai 40, deve prendere una decisione seria e difficile.  A quest’età i suoi artigli sono lunghi e flessibili e non riescono più ad afferrare le prede di cui si nutre. Il suo becco, allungato ed appuntito, si incurva. Le ali, invecchiate ed appesantite dalle penne ingrossate, puntano contro il petto. Volare è ormai difficile.”

La nostra società pensa di aver inventato, per gli esseri umani, un modo per risolvere il dramma dell’aquila: la chirurgia plastica - un po’ di silicone di qua, una stiratina alla pelle di là, tingere e trapiantare i capelli. Fatto questo, l’aquila se ne va svolazzando per salotti, spiagge, schermi, uffici e passerelle…

Ma l’ altra aquila preferisce una soluzione che viene da dentro, magari più dolorosa.

Ritirarsi su un dirupo, distruggere il vecchio ed inutile becco, aspettare che un altro spunti e con questo strapparsi le penne in un rito di iniziazione di 150 giorni.

Mettiamo che l’aquila si sia appena separata.

(Deve ridimensionare il suo corpo e i suoi desideri, smontare casa e sentimenti, riordinare oggetti e sensazioni, riscoprire i propri figli).

Mettiamo che l’aquila abbia appena perso il lavoro.

(Deve scoprire un nuovo percorso quotidiano, altre capacità, affrontare umiliazioni).

Mettiamo che l’aquila abbia appena cambiato paese.

(La crisi o l’amore l’hanno portata verso altri lidi. Deve apprendere di nuovo tutti i linguaggi e reinventare la sua immagine in altri specchi).

Mettiamo che l’aquila abbia appena perso una persona cara.

(E’ come se una parte del corpo le fosse stata strappata, sente che non potrà  più volare come prima, che l’azzurro le è inutile).

Mettiamo che si trovi in una nuova situazione in cui viene sfidata a mostrare la propria competenza.

(Ha paura del fallimento, crede di non avere né artigli né ali per volare più in alto).

Mettiamo che l’aquila abbia cominciato a far caso alla sua pelle, alla sua resistenza fisica, a certi acciacchi della vecchiaia.

E allora bisogna buttare il vecchio becco, strapparsi le vecchie penne e ricominciare.

Epoca di metamorfosi.

Gli studiosi della metamorfosi dicono che non soltanto le larve si trasformano in farfalle. Con nostro stupore anche le pietre passano attraverso silenziose metamorfosi.

Insomma, sembra che siamo condannati alla metamorfosi. Morire varie volte e varie volte rinascere. Fino ad arrivare alla metamorfosi finale, dove ciò che era sogno e carne si converte in polvere.

Ma che resti sempre nell’azzurro l’imponderabile volo dell’aquila.

 

 

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Affonso Romano de Sant’Anna, che vive a Rio de Janeiro, è uno dei più grandi poeti brasiliani contemporanei, autore, tra altri, di “Que País È Este? (Che paese è mai questo?)