Gli scrittori italiani che piacciono al Brasile

Roberta Barni

 

Due libri insigniti con il più prestigioso premio letterario brasiliano, il Prêmio Jabuti, categoria traduzione, nel 2003 e nel 2004, sono italiani: De Urna Estrela à Outra, una raccolta di poesie di Ungaretti, e una traduzione dell'Orlando Furioso. Sempre nel 2003, la Biennale del libro - la maggiore fiera del libro del paese che si alterna tra San Paolo e Rio de Janeiro - è stata dedicata all'Italia. L'interesse per la letteratura italiana non è una novità in Brasile; a occhi attenti, però, non sfugge il fatto che né la letteratura né la saggistica italiane hanno la diffusione o le dimensioni che ci si potrebbe aspettare considerando il fortissimo influsso della cultura italiana sulla cultura brasiliana.
Facciamo l'esempio di San Paolo, la più grande ed importante città del paese. Da 300 a 400 vocaboli di uso corrente del portoghese parlato in Brasile provengono dall'italiano; l'accento di San Paolo - lo dicono i linguisti - è stato fortemente condizionato dalla pronuncia italiana: la città oggi conta circa 6 milioni di italiani e discendenti (se contiamo tutto lo stato di San Paolo il numero raddoppia), dopo essere stata per decenni meta di buona parte dell'emigrazione italiana in Brasile. Per avere un'idea delle dimensioni del fenomeno, nel periodo di maggior flusso migratorio, dal 1870 al 1920, su tre milioni di immigranti provenienti da tutto il mondo, circa la metà erano italiani. Poi tra le due guerre, altro flusso importante, così come dopo la fine della seconda guerra mondiale. Anche la pittura, l'architettura, il teatro, il cinema, la musica, l'industria, il cibo hanno o hanno avuto un forte accento italiano. Qualunque buon paulistano è pronto a giurare che la migliore pizza del mondo si mangia nella sua città, anche se alcune combinazioni di gusti e farciture non convincono troppo i palati italiani più tradizionalisti. II primo grande grattacielo della città, oggi una delle "cartoline" più famose di San Paolo, è stato eretto da Giuseppe Martinelli. Altro simbolo, il Museo di arte di San Paolo (MASP), il più importante museo latinoamericano, è stato costruito su un progetto dell'architetta italiana Lina Bo Bardi. E tante altre pietre miliari dell'architettura, sculture famose e monumenti sparsi per le strade e le piazze, sono firmati da italiani. Nel 2004, in occasione dei festeggiamenti del 450° anniversario della città, la camera di commercio italo-brasiliana ha inaugurato un city tour per far conoscere l'Italia senza uscire da San Paolo; una passeggiata ammirando l'architettura italiana della città. Tutto esaurito.
Ma torniamo ai libri. II mercato editoriale brasiliano si è rinnovato completamente dopo la caduta del regime militare nel 1985. A parte i grandi classici della letteratura italiana (che poco a poco vengono tradotti novamente), per la traduzione la svolta è stata la fine dell'accordo di cessione comune Portogallo-Brasile, a causa della quale, per decenni, ciò che era tradotto da uno dei paesi aveva l'esclusiva dei diritti per la circolazione anche nell'altro. Ma le due lingue sono ormai abbastanza lontane tra loro, e quindi a volte le traduzioni portoghesi risultano poco leggibili per il pubblico brasiliano. Oltre, naturalmente, ad una ovvia differenza culturale rispetto alle scelte dei libri da tradurre. La fine del regime militare rappresenta, ovviamente, anche una ventata d'aria fresca nelle scelte editoriali. Molti titoli ed autori nuovi cominciano così ad entrare nel paese e ad essere tradotti.
Tra gli anni '80 e '90, ad esempio, assistiamo a un forte boom editoriale dei libri di Umberto Eco e Italo Calvino. Eco penetra nel paese, particolarmente via Rio de Janeiro, portatovi dai concretisti e dai ricercatori, con l'espansione degli studi di semiotica, e sarà già conosciuto ed apprezzato quando giunge anche la sua narrativa. Calvino conta una nutrita schiera di lettori affezionati: tradotta quasi tutta la sua narrativa, un tantino indietro la saggistica, la casa editrice che cura la sua opera in portoghese lancia almeno un suo titolo l'anno. Non vi è un brasiliano amante della letteratura che non conosca e ami Se una notte d'inverno un viaggiatore, o che ignori Lezioni americane. Da allora si allarga la schiera degli autori italiani tradotti, dai più famosi ai meno, ma a parte pochissime eccezioni, senza una continuità editoriale: sembrano per lo più iniziative sporadiche concentrate su questo o quell'autore. E se consideriamo le dimensioni del fenomeno saggistico italiano, è sorprendente che in così pochi arrivino a essere tradotti in portoghese.
In questo mix di autori italiani tradotti vi è di tutto un poco: da Tabucchi alla Tamaro, da Baricco a Manganelli, da Primo Levi a Castiglione, da Del Giudice a Fenoglio, da Svevo a Pirandello, da Leopardi a Montale, Moravia, Natalia Ginsburg, Buzzati, Pavese, Pasolini, Magris, Vittorini, passando per Busi, Brancati, Bufalino, e altro ancora, per arrivare ai recentissimi, come Camilleri, Ammaniti e Veronesi. Ma pochi titoli di ognuno, una specie di "campione", quasi sempre da allargare. Tra i saggisti, spiccano per lo più i classici impossibili da ignorare: Gramsci, Bobbio, Argan, Croce, De Sanctis, Abbagnano, Calasso, Citati, Carlo Ginzburg. Certo, ci sono anche esempi emblematici, ma sempre frutto di passione, erudizione o sforzo personale. Da segnalare lo sforzo filologico per la nuova traduzione dei Quaderni dal carcere di Gramsci portata avanti da Carlos Nelson Coutinho, il più importante studioso gramsciano del paese. O la recente traduzione della Divina Commedia, del 1998, opera di una vita di dedizione passionale da parte del suo traduttore, Italo Eugênio Mauro. O la forte e costante divulgazione (anche se frammentaria, poiché sempre inserita nel più vasto universo della poesia mondiale) della poesia italiana da parte di alcuni poeti brasiliani, come i fratelli Campos, Nelson Ascher, ed altri ancora.
Non che non vi sia nessuna iniziativa. Ma certamente la traduzione di autori italiani non è al centro dell'interesse delle case editrici brasiliane, troppo dipendenti, per ovvi motivi, dalle leggi del "signor mercato'. Certo, esiste un incentivo del ministero degli Affari esteri per la traduzione di opere italiane all'estero, ma per un paese di forte presenza italiana come il Brasile è ancora poco. Perché se è vero che tradizionalmente il Brasile si ricollega intellettualmente alla Francia, paese in cui da sempre i figli dei ceti alti erano inviati a studiare, è anche vero, però, che nella formazione dell'intellettualità brasiliana vi è una forte componente italiana. Un esempio per tutti: quando venne creata la Universiade de São Paulo (USP) - la maggiore università del Brasile e del Sudamerica, il più forte centro d'eccellenza per la ricerca nel paese - accanto ai professori francesi vi fu anche una spiccata presenza italiana. Ad esempio, Ungaretti fu qui professore di letteratura italiana; un istituto di fisica è intitolato all'italiano Gleb Wataghin, proveniente dall'Università di Torino e fondatore degli studi di fisica in Brasile.
Sarà perché l'invio di docenti italiani a quei tempi può essere a tratti ricollegato ad un desiderio di espansione ideologica del fascismo, sarà perché vi è (stata?) una forte e prolungata timidezza da parte della nostra rappresentanza culturale. II fatto è che tra tutti i paesi la cui cultura sia significativa per il Brasile, l'Italia è quello che meno si fa presente. Manca una politica di collaborazione e interscambio intensivo chiara e costante nel tempo. A differenza di altri paesi, l'Italia ha, in Brasile, un'immagine spesso stereotipata, e certamente gli sforzi fatti dal governo italiano per sostenere la cultura italiana all'estero qui sono largamente insufficienti. Appena una decina di università brasiliane, sparse su tutto il territorio nazionale, hanno dipartimenti di italianistica, o un corso di laurea in lettere moderne-italiano. A parte la pur importante presenza dei lettori inviati dall'Italia, non vi è una sola cattedra finanziata dal governo italiano. Se consideriamo l'eccellente ricezione che qualsiasi cosa che riguardi l'Italia trova in Brasile, è chiaro che questo dialogo non solo va mantenuto ma intensificato e, se possibile, trasformato in sapere.

(Articolo tratto dall'antologia Favelas e grattacieli, L'Unità, Roma, 2005, a cura di Maurizio Chierici.)

 


 

Roberta Barni insegna letteratura italiana all'Università di San Paolo ed è traduttrice letteraria. Tra molti altri autori, ha tradotto in portoghese opere di Calvino, Tabucchi, Camilleri, Manganelli.

 

 

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