I rigori

Philippe Delerm

Meglio di un duello da film western. Sette o otto minuti apoplettici, per risolvere partite durate troppo. Già alla fine dei supplementari, alcuni giocatori accusano crampi alle gambe, ma ormai non si possono sostituire: l'eroismo comincia qui. L'arbitro fischia la fine dei centoventi minuti, senza troppa enfasi, tanto sappiamo già dove si andrà a parare. Le veementi esortazioni degli allenatori d'un tratto lasciano il posto a una calma quasi compassionevole nei confronti dei giocatori. Non si tratta più di incoraggiarli, ma di affidarli al destino, con le precauzioni d'uso, qualche pacca sulle spalle che ricorda le condoglianze. Quelli che hanno accettato di tirare i rigori si spostano nel cerchio del centrocampo, con i due portieri. Di colpo sono così lontani da tutto, prigionieri in quel cerchio del coraggio.
Si tira a sorte tra i due capitani per designare chi sceglierà la porta dove verrà eseguita la sentenza. Chi vince sceglie sempre la rete davanti ai tifosi della propria squadra, e tutto il pubblico ricomincia a farsi sentire, con urla, raganelle, trombe e tamburi. In questo frastuono i tiratori e i portieri si affrontano come sonnambuli. Una guerra di nervi dove ogni gesto ha la sua importanza. Talvolta portiere e rigorista si scambiano una sorprendente stretta di mano. Più spesso, si scambiano minime provocazioni, tentativi di disturbo mascherati dall'indifferenza. Il portiere inizia la schermaglia. Lascia il pallone in fondo alla porta, così il tiratore dovrà andare a prenderlo, e armeggiare qualche secondo con la rete, perdendo la poca serenità che ancora gli resta. Dal canto suo, il tiratore tenta di restituire il favore perdendo tutto il tempo possibile quando posa il pallone sul dischetto dei rigori. La precisione dev'essere infinitesimale: se obbliga l'arbitro a intervenire per riposizionare la palla, sarà lui a fare le spese nervose dell'operazione.
A ogni tiro riuscito, i rigoristi più che giubilare, esprimono sollievo; i più audaci, o i più sconsiderati, alzano il pugno verso la tifoseria avversaria. Ma l'allenatore resta impassibile, al punto che il suo ritmo masticatorio inciampa nel chewing-gum.
Tutto un rituale di teste abbassate, rassegnate, di sagome oppresse, di tensioni contenute, e poi la fine, così irrisoria: dopo la crudele bellezza del dramma, l'epilogo suona falso.

(Tratto dal libro Una passeggiata al parco, Frassinelli editrice, Milano, 2004. Traduzione di Alessandra Emma Giagheddu.)

Philippe Delerm è nato nel 1950 nel Sud-Est della Francia e vive in Normandia. Sposato, padre di un figlio, è professore di lettere al Collège de Bernay; è autore di numerose opere, alcune per l'infanzia. Ha esordito in Italia con La prima sorsata di birra, cui sono seguiti numerosi altri libri di grande successo.

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