PASSAGGI DI CARRIERA

 

 

Martin Amis

 

 

 

 

 

Quando Alistair ebbe ultimato la sua nuova sceneggiatura, Attacco da Quasar 13, la spedí al LM e restò in attesa. Nel corso dell'anno precedente, il «Little Magazine» gli aveva rimandato almeno una dozzina di sceneggiature; tuttavia l'ultimo plico di ritorno - un malloppo di ben cinque lavori - non era accompagnato dalla solita noterella che si acclude ai testi rifiutati, ma da un biglietto autografo dell'editor Hugh Sixsinith. Il biglietto diceva:

 

Ho trovato due o tre dei suoi lavori autenticamente avvincenti, ed ero quasi tentato di pubblicare Hotwire, che mi è parso artisticamente prossimo alla compiutezza.  La prego di continuare a inviarmi i suoi testi.

 

Hugh Sixsmith era a sua volta uno sceneggiatore di ragguardevole, quantunque incerta, reputazione. Il suo biglietto di incoraggiamento era davvero incoraggiante.Rese Alistair più audace.

Baldanzosamente preparò Attacco da Quasar I3 per la spedizione.Giustificò le pagine del dattilo con amorevole indugiare di polpastrelli.E non indirizzò la busta all'Editor per le sceneggiatture.Oh, no: Alistair la indirizzò a Mr Hugh Sixsmith.Per una volta non allegò neanche il suo curriculum, che ormai considerava con un certo sconforto: testimoniava, in un dettato impietosamente rapsodico, di sceneggiature uscite in edizioni amatoriali e rivistine ridicolmente ignote; citava addirittura contributi apparsi sul giornalino dell'università.La parte veramente scellerata era alla fine, dove aveva scritto: «Offerta dei Diritti: solo per il Primo Serial Britannico».

Alistair lavorò a lungo alla nota di accompagnamento per Sixsmith: per scrivere Attacco da Quasar 13 aveva impiegato quasi lo stesso tempo.Piú la rielaborava, e piú si accorciava.  Finalmente giunse a una versione che lo soddisfaceva.Mentre fuori sorgeva l'alba, prese la busta e passò la lingua sulla vaga lucentezza della striscia gommata.

Quel venerdí - recandosi al lavoro, e sentendosi all'improvviso completamente disperato - Alistair consegnò il plico all'ufficio postale di Calchalk Strect, una traversa di Euston Road.  Volutamente - molto volutamente - non aveva allegato nessuna busta con francobollo e indirizzo.La nota di accompagnamento, nella sua interezza, diceva solamente: «Può interessare?In caso negativo, cest. »

Naturalmente «cest.» stava per «cestinare», cioè gettare nel contenitore che si staglia massiccio e torvo lungo la strada di ogni sceneggiatore esordiente. Con una mano sulla fronte, Alistair sgattaiolò dall'ufficio postale sfiorando cartoline di auguri, pensionati nervosi, buste e gomitolí di spago.

 

 

 

Quando Luke ebbe ultimato la nuova poesia - intitolata semplicemente Sonetto - fotocopiò lo stampato e lo faxò al suo agente. Novanta minuti piú tardi risali dalla palestra al piano inferiore e si preparò il succo di frutta speciale mentre la segreteria telefonica lo invitava, fra l'altro, a richiamare Mike.Allungando la mano verso un altro lime, Luke premette il tasto memorizzato corrispondente alla Talent International.

- Ah, Luke, - rispose Mike. - Dunque, la cosa procede. Abbiamo già avuto una prima risposta.

- Com'è possibile? Dove sta lui sono le quattro del mattino.

- Errore... dove sta lui sono le otto di sera. E in Australia. Sta rivedendo una poesia insieme a Peter Barry.

Luke non voleva saperne di Peter Barry. Si chinò e si sfilò la canottiera. Muri e finestre si mantenevano a rispettosa distanza... la sala era una enorme congiunzione di luce filtrata dalla foschia e riflessa dal fiume. Luke sorseggiò la bibita, che nella sua astringenza lo forzò a sollevare entrambi i gomiti e ad accennare un unico, amareggiato «si» con la testa. Poi domandò: - E che cosa ne pensa?  - Joe? Ha fatto le capriole all'indietro. Del tipo: «Di' a Luke che la sua nuova poesia mi fa davvero impazzire. Sono sicuro che Sonetto farà una strage».

Luke incassò i complimenti senza scomporsi. Pur essendo tutt'altro che vecchio, era nel giro della poesia da un sufficiente numero di anni per incassare questo genere di soddisfazioni senza scomporsi. Si voltò. Suki, che era andata a fare shopping, stava ora tentando non senza difficoltà di introdursi nell'appartamento.In altre parole, era carica come uno sherpa.Luke osservò: - Ma non avete ancora parlato di soldi.Voglio dire, neanche una cifra approssimativa.

Mike rispose: - Ma fra noi ci capiamo. Joe sa dell'interesse della Monad.E di Tim, della TCT.

- Ottimo, - disse Luke.Suki avanzava flessuosa nella sua direzione, seminando tra una piroetta e l'altra i vari acquisti: ceste e cofanetti, zainetti luccicanti.

- Vorranno che vada almeno un paio di volte su da loro, - gli disse Mike. - Inizialmente per discutere... non riescono a digerire il fatto che non vuoi trasferirti laggiú.

Luke capi subito che Suki aveva speso molto più di quanto avrebbe voluto.Lo indovinò dal tenore diligente del suo sospiro mentre incominciava a leccargli le gocce di sudore fra le scapole.  Poi disse: - Dài, Mike.Lo sanno che odio tutto quel puttanaio losangelino.

 

 

 

Quel lunedì mentre andava al lavoro Alistair sedeva stravaccato sul sedile dell'autobus, floscio di ambizione e negligenza.Una delle sue fantasie si stava rivelando particolarmente ostinata: all'arrivo in ufficio avrebbe trovato il telefono sulla scrivania che saltava letteralmente sul sostegno: Hugh Sixsmith del «Little Magazine», la voce concitata e insieme grave, con la notizia che intendeva includere a tutti i costi nel prossimo numero la sceneggiatura di Alistair. (A dire la verità, Alistair aveva avuto la stessa fantasia il venerdí prima, a un'ora in cui, presumibilmente, il plico di Attacco da Quasar 13 veniva ancora sbattuto a calci da un angolo all'altro del pavimento dell'ufficio postale).La sua ragazza, Hazel, era arrivata da Leeds per il fine settimana.Erano cosi minuti, Hazel e lui, da dividere comodamente il suo letto a una sola piazza, allargandosi e stendendosi a piacimento.Quel sabato sera erano andati a sentire un reading di sceneggiatura in una libreria di Camden High Street. Alistair sperava di far colpo su Hazel grazie alla crescente disinvoltura con cui si muoveva nell'ambiente (e riuscì a scambiare occhiate e sorrisi furtivi con alcuni dinoccolati figuri semi-familiari...colleghi sceneggiatori, studiosi, cultori).Ma a questo punto Hazel sembrava già abbastanza colpita da Alistair qualunque cosa facesse. La mattina dopo lui restò a poltrire nel letto (era il turno di Hazel per il tè), interrogandosi sulla questione dell'essere colpiti.Hazel lo aveva colpito indelebilmente sette anni prima, a letto: non essendone uscita quando lui vi era entrato.Quel lunedí il telefono dell'ufficio squillò spesso, ma nessuno di quelli che chiamarono aveva commenti su Attacco da Quasar I3. Alistair vendeva gli spazi pubblicitari su un notiziario di agricoltura, quindi chi telefonava voleva parlare di composti al creosoto e riciclaggio degli scarti.

Per quattro mesi non ebbe notizie.Normalmente sarebbe stato un segno abbastanza positivo.  Significava, o poteva significare, che la sceneggiatura stava suscitando un'attenzione seria, o addirittura morbosa.Meglio che ritrovarsela sullo zerbino a stretto giro di posta.D'altra parte, però, Hugh Sixsmith avrebbe potuto ottemperare allo spirito non meno che alla lettera della nota di Alistair gettando nel cestino Attacco da Quasar I3 pochi minuti dopo il suo recapito: cioè quattro mesi prima.Rileggendo la sbiadita copia a carta carbone della sceneggiatura ora Alistair maledì la sua (calibratissima) spocchia.Non avrebbe dovuto scrivere: «Può interessare?  In caso negativo, cest. », bensì: «Può interessare?In caso negativo, r.a.m.»! Ogni mattina scendeva le tre rampe di scale e la posta era li, pronta per lo spoglio e lo sbrigo.E ogni quattro venerdi - salvo ritardi - continuava ad aprire la busta che conteneva la sua copia di LM, caso mai Sixsmith vi avesse inserito la sceneggiatura senza informarlo.Per fargli una sorpresa.

«Egregio Mr Sixsmith», rimuginava Alistair sul treno verso Leeds. «Stavo pensando di collocare altrove la sceneggiatura che a suo tempo le inviai.Confido nella... Mi è parso corretto... » Alistair ritirò i piedi per far sedere un altro passeggero. «Gentile Mr Sixsmith: in risposta a un invito... in risposta a un alquanto generoso invito, sto raccogliendo una silloge di mie sceneggiature per ... » Alistair appoggiò la testa allo schienale guardando il finestrino sudicio. «Per la Mudlark Books.  Sembra che anche la Ostler Press sia interessata.  Tutto ciò mi impone fatiche di scrittura che, per quanto tediose... Per la registrazione... Il tutto sarebbe non poco agevolato... Ovviamente, se lei... »

 

 

 

Luke era seduto su un divanetto Bauhaus nel Club World di Heathrow: stava bevendo Evian, e approfittava del fax a disposizione per evadere insieme a Mike le fatiche di scrittura che accompagnano le fasi iniziali di ogni poesia.

Nel Club World sembravano tutti un po' in soggezione, e grati alla sorte di essere lì: tutti tranne Luke, che appariva pesantemente contrariato. Doveva volare in prima classe fino al LAX, dove lo avrebbe aspettato un autista in livrea che lo avrebbe accompagnato in limousine fino al Pinnacle Trumont, sulla Avenue of the Stars. La prima classe non era niente di speciale. Nel mondo della poesia, la prima classe è un elemento dello sfondo cui non si pensa nemmeno.Va da sé. E acquista.La prima classe non era niente di diverso dalla solita routine.

Luke era teso, sotto pressione.Molte cose - forse troppe - dipendevano dal successo di Sonetto.  Se Sonetto non avesse fatto furore, di lì a poco lui non avrebbe piú potuto permettersi né quella casa né quella ragazza. No, non ci avrebbe messo molto a riprendersi dalla mancanza di Suki; ma dal fatto di non potersela permettere, o di non potersi permettere l'appartamento, non si sarebbe ripreso mai piú.A essere obiettivi, Luke per Sonetto non aveva firmato un contratto da favola, e quindi era furioso con Mike...eccetto che per la nuova clausola sui diritti di commercializzazione (possibili gadget collegati alla poesia, come giochi o magliette) e per l'incremento della percentuale sui diritti secondari e le royalties sui sequel. Poi c'era Joe.

Joe telefona, e fa: - Noi siamo veramente convinti che Sonetto funzionerà, Luke. Anche Jeff ne è sicuro. Jeff... è entrato proprio adesso.Jeff? Ho qui Luke.Gli vuoi dire qualcosa? Luke. Luke, ora parli con Jeff.. Ti vuol dire qualcosa su Sonetto.

- Luke? - disse Jeff. - Sono Jeff…Luke... sei uno scrittore di un talento strepitoso.E’fantastico lavorare a Sonetto insieme a te.Ti ripasso Joe.

- Era Jeff, - disse Joe. - Sonetto lo ha fatto andare completamente fuori di testa.

- Allora di che cosa dobbiamo parlare? - chiese Luke. - Su per giú...

- A proposito di Sonetto? - rispose Joe. - Beh, Luke, l'unico problema che abbiamo con Sonetto, cioè, almeno da quello che vedo adesso, e so che Jeff è d'accordo... esatto, Jeff?... e anche Jim, tra parentesi... Luke, è la forma.

Luke esitò. Poi disse: - Intendi la forma in cui è scritto Sonetto.

- Si, Luke, hai fatto centro. La forma-sonetto.

Luke attese l'ultima chiamata e poi fu accompagnato, con estrema e non ricambiata cortesia, dentro il muso dell'aereo.

 

 

Gentile Mr Sixsmith, scrisse Alistair,

 

ieri l'altro sfogliando le mie carte, mi è sovvenuto vagamente di averle spedito una sciocchezzuola intitolata Attacco da Quasar 13... deve essere accaduto poco piú di sette mesi fa.  Ho torto nel presumere che non abbia incontrato il suo favore?  Potrei abusare della sua gentilezza con un'altra quisquilia (o due!) che da allora ho composto?  Spero che lei stia bene. E la ringrazio sentitamente per i suoi passati incoraggiamenti.

E’ necessario che le ripeta quanto ammiro la sua opera? Per l'asciuttezza, la profondità. Quando, se posso chiederlo, possiamo attenderci un nuovo «agile volumetto»?

 

 

Imbucò tristemente la lettera da Leeds, in un piovoso pomeriggio domenicale, sperando che il timbro testimoniasse la sua mobilità e la sua disinvoltura.

Tuttavia adesso Alistair si sentiva molto più tranquillo.Recentemente aveva trascorso un periodo di circa cinque settimane durante le quali, se ne rendeva conto, era diventato clinicamente folle. Quella lettera a Sixsmith era soltanto una di molte decine che aveva scritto.  Inoltre aveva incominciato a fare ossessivamente la posta nei dintorni del «Little Magazine» a Holborn: si acquattava per ore nei caffè e nei bar di fronte alla sede, con l'incerta determinazione di affrontare Sixsmith... se lo avesse avvistato: e non successe mai. Alistair incominciò a chiedersi se Sixsmith esisteva veramente.Era forse un attore, uno spettro, una scaltra invenzione? Telefonò al LM da selezionate cabine pubbliche.Gli risposero diverse persone, nessuno sapeva dov'erano gli altri, e solo tre o quattro volte lo misero in contatto con l'accesso di tosse apparentemente perpetuo che scoppiettava all'altro capo dell'interno di Sixsmith.Finiva sempre per riappendere. Soffriva di insonnia... o credeva di soffrirne, perché secondo Hazel continuava per tutta la notte a piagnucolare e digrignare i denti.

Alistair aspettò quasi due mesi e poi spedì altre tre sceneggiature.Una parlava di un sicario bionico che rientra da un pensionamento prematuro quando sua moglie viene ammazzata da un serial killer.La seconda delle tre Gorgeni che s'infiltrano in un'agenzia di servizi di scorta nella New York dei giorni nostri.La terza era un musical heavy metal ambientato nell'Isola di Skye.  Allegò una busta con francobollo e indirizzo delle dimensioni di un piccolo zaino.

L'inverno era insolitamente mite.

 

 

- Desidera qualcosa da bere prima di pranzo? Un cappuccino? Una minerale? Un bicchiere di sauvignon blanc?

- Un doppio espresso decaffeinato, rispose Luke. Grazie.

- E’ un vero piacere, signore.

- Ehi, - commentò Luke quando tutti ebbero ordinato. - Servirmi non è piú solo un piacere... è un vero piacere.

Gli altri sorrisero pazientemente. Questo genere di uscite era il rovescio della medaglia del particolare - comunque molto in - che nonostante l'aspetto e l'accento Luke era inglese. Erano seduti tutti e tre nella terrazza di Bubo's: Joe, Jeff, Jim.

Luke chiese: - Quanto ha fatto poi Egloga presso un cancello a schidioni?

Joe rispose: - Sul mercato nazionale? - Guardò Jim e Jeff. - Diciamo... quindici?

Luke chiese: - E allestire? - Non uscirà all'estero.

- E Corvo sotto la pioggia ? - s'informò ancora Luke. Joe scosse la testa. - Ha incassato ancora meno di Pecora nella nebbia.

- Ma sono tutti remake, - commentò Jim. - Robaccia in stile.

- E invece Quercia di torbiera?

- Quercia di torbiera? Beh... sui venticinque?

Luke commentò con una certa irritazione: - Ho sentito parlare bene de Il veccbio orto botanico.

Continuarono a discutere di flop e crack natalizi, rinviando il piú possibile ogni allusione a E’ l'alto suo disdegno di iersera della TCT, che non era costato praticamente niente e aveva già incassato centoventi milioni nelle prime tre settimane.

- Insomma, che è successo? - chiese alla fine Luke. Cristo che budget pubblicitario avevano?

- Per E’ l'alto suo? – chiese Joe. - Oh, poco... due o tre.

Tutti scossero la testa. Jim commentò filosoficamente: - In poesia è cosi.

- Non ci sono altri sonetti in lavorazione, giusto? - si informò Luke,

Rispose Jeff: - La Binary ne ha uno in post-produzione: Scritto a ***Castle Altra robaccia in stile.

Arrivarono le minestre e le insalate.Luke pensò che continuare a parlare di sonetti a questo punto probabilmente sarebbe stato un errore.Dopo un po', chiese: - E Per Sophonisba Anguisciola, com'è andata?

Rispose Joe: -Per Sophonisba Anguisciola?Ah, non parlarmi di Per Sophonisba Anguisciola.

 

 

 

A notte fonda, Alistair era nella sua stanza e lavorava a una sceneggiatura su un homeless di colore dall'elevato QI che viene trasformato in una promotrice finanziaria bianca da uno stregone terrorista sud-molucchese. All'improvviso, con un gemito, allontanò il testo, afferrò un foglio bianco e scrisse:

 

Egregio Mr Sixsmith,

 

è corso piú di un anno, ormai, da quando le inviai il mio Attacco da Quasar13. Non contento di tanta noncuranza, ha lasciato passare cinque mesi senza rispondere all'invio di altre tre, piú recenti composizioni.  Avrei giudicato una risposta sollecita frutto di mera buona educazione, essendo lei un collega sceneggiatore, benché, me lo lasci dire, la sua opera non mi abbia mai entusiasmato, giudicandola io ampollosa e gracile nel contempo. Il mese scorso lessi quell'articolo di Matthew Sura e pensai che le aveva detto il fatto suo). La prego di rispedirmi le sceneggiature piú recenti, e segnatamente Decimator, Medusa alla conquista di Manbattan e La valle delle Stratocaster: subito.

 

La firmò, la sigillò e uscì per spedirla. Al ritorno si spogliò sdegnosamente dei suoi indumenti fradici. Il monopiazza gli sembrava enorme, come il letto a baldacchino di un aficionado di orge.  Si raggomitolò tutto e dormì meglio di quanto non succedeva da un anno.

Fu quindi un Alistair serenamente provocatorio, quello che l'indomani mattina discese lentamente le scale e dirigendosi verso la porta sbirciò la corrispondenza sullo scaffale.  Riconobbe la busta con l'occhio di un innamorato. Mentre l'apriva si piegò ad angolo retto.

 

 

La prego di scusarmi per una risposta cosí tardiva.  Ne faccio ammenda con tutto il cuore. Mi permetta di passare direttamente a esprimere un giudizio sul suo lavoro.  Non intendo annoiarla con tutte le mie distrazioni personali e professionali.

 

«Annoiarmi»? pensò Alistair col cuore in gola.

 

 

Credo di poterle subito garantire che le sue sceneggiature sono insolitamente promettenti. No: che sono promesse già mantenute. Sono insieme appassionate e ben rifinite.

Per il momento mi basterà considerare Attacco da QuasarI3 (Mi lasci riflettere un po' piú a lungo su Decimator). Avrei da suggerire un paio di varianti secondarie. Perché non mi telefona, cosi da fissare un incontro?

La ringrazio anche per le sue generose parole sul mio lavoro. Sento di poter annoverare questa nostra relazione -  questo candore, questa reciprocità -  tra i conforti che mi permettono di andare avanti. Le sue parole hanno rinvigorito le mie difese all' indomani della perfida e rozza stroncatura di Matthew Sura... il cui modo, io temo, ancor m'offende. Stia bene.

 

 

 

 

- Vai con la lirica, - propose Jim.

- E una ballata, invece? - disse Jeff.

Jack tentennava. - Le ballate sono pesanti, - osservò.

Verso la fine del secondo giorno Luke ebbe la sensazione di guadagnare terreno nella sua battaglia pro-sonetto. Ne dava indizio il timbro della silenziosità di Joe: torpida, ma non truce.

- Guardiamo in faccia la realtà, - disse Jeff. - I sonetti sono essenzialmente ieratici.  E ampiamente datati.  Rappresentano il risultato di una consapevolezza formalizzata. Le consapevolezze di cui si parla oggi vanno alla ricerca di una forma.

- Inoltre, - rincarò Jack, - la lirica è sempre stata il medium naturale di un'espressione sbrigliata del sentimento,

- Esatto, - disse Jeff. - Con il sonetto ti ritrovi sempre impastoiato nella solita routine di tesi-antitesi-sintesi...

Intervenne Joan: - Voglio dire... cosa stiamo a fare qui? A riflettere il mondo, o a illuminarlo?

Era tempo che parlasse Joe. - Per favore, - disse, - ci stiamo dimenticando che prima delle rielaborazioni E’ l'alto suo era un sonetto? Eravamo fatti di coca l'estate scorsa, quando abbiamo deciso che ci saremmo buttati sul sonetto?

Tra parentesi, la risposta all' ultima domanda di Joe era sí; ma Luke si guardò intorno con circospezione. Il pranzo cinese che avevano fatto ordinare al telefono dalla segretaria giaceva sul tavolino come gli esperimenti di un bambino con il pongo e i colori. Erano le quattro, e Luke aveva voglia di lasciare presto la compagnia. Di nuotare, e sdraiarsi sotto il sole. Di presentarsi più snello e abbronzato del solito all'incontro con la giovane attrice Henna Mickiewicz. Finse uno sbadiglio.

- Luke ha il jet-lag, - disse Joe. - Ne riparleremo domani, ma sono quasi sicuro che punterò di nuovo sul sonetto.

 - Mi scusi, - disse Alistair, - sono ancora io. - Mi scusi.

 - Ah, si, - rispose la voce di donna. - Era qui un momento fa... No, eccolo. E’qua. Solo un istante.

Alistair staccò bruscamente il ricevitore dall'orecchio e rimase a fissarlo. Tornò ad ascoltare.  Sembrava che lo stesso apparecchio fosse in preda a una crisi, tutto gracchi e crepitii, come la radio di un taxi. Poi la tosse finì o si interruppe, e rispose una voce sobria ma fiera: - Hugh Sixsmith.

Alistair ci mise un po' per spiegare chi era. Sixsmith sembrò sorpreso ma, nel complesso, abbastanza incuriosito. Procedettero con sufficiente fluidità da fissare un incontro (il lunedí successivo, dopo il lavoro), prima che Alistair riuscisse a sputare il rospo: - Mr Sixsmith, devo dirle una cosa. E’ molto imbarazzante, ma ieri sera ho un po' perso la testa perché non ricevevo sue notizie da tanto tempo, e temo di averle scritto una lettera assolutamente folle di cui... - Fece una pausa. - Oh, lei sa come vanno queste cose. Per comporre una sceneggiatura scaviamo tanto a fondo in noi stessi, e poi il tempo passa e...

- Caro ragazzo, non dica altro. Ignorerò la lettera. La getterò via. Lette le prime due righe, non farò altro che distogliere lo sguardo, - lo rassicurò Sixsmith ricominciando a tossire.

Hazel non scese a Londra per il fine settimana. Alistair non salì a Leeds per il fine settimana.  Passò il tempo pensando a quel covo in Earls Court Square dove gli sceneggiatori leggevano brani delle loro opere tracannando sapido vino spagnolo sotto gli sguardi di ragazze struccate, scarmigliate e avvolte in pesanti cappotti, che sbattevano le palpebre ininterrottamente oppure non le sbattevano mai.

 

 

 

Luke lasciò la sua Chevrolet Celebrity al quinto piano del parcheggio dello studio e scese in ascensore con due produttori junior in tuta da jogging, tutti intenti a discutere degli ultimi record polverizzati da E’ l'alto suo disdegno di iersera. Inforcò gli occhiali da sole mentre entrava nell'altro parcheggio, quello riservato ai produttori senior. Ogni piazzola aveva un nome.Luke si rasserenò alla vista del nome di Joe parzialmente coperto dalla sua Range Rover.  Naturalmente non accadeva spesso che un poeta raggiungesse tanto potere. O che raggiungesse un qualunque potere. Meno male che almeno all'apparenza Henna Mickiewicz non l'aveva capito.

L'ufficio di Joe: Jim, Jack, Joan, ma niente Jeff. Piú altri due nuovi, mai visti prima.Luke fu presentato ai nuovi arrivati. Ron disse che parlava anche a nome di Don, e dichiarò la sua ammirazione per i lavori di Luke.Chino, con Joe piegato sulla macchina del caffè, Luke s'informò su Jeff e Joe rispose: - Jeff è fuori dal giro, - al che Luke si limitò ad annuire.

Si accomodarono sulle poltroncine.

Luke chiese: - Come sta andando Il gallese ai turisti?

Don rispose: - Bene, ma non benissimo.

Ron disse: - Non farà di sicuro come Un varco nella siepe.

Jim chiese: - Perché, quanto ha incassato Un varco nella siepe?

Parlarono degli incassi del Varco.  Poi Joe disse: - Okay. Passiamo al sonetto. Dunque... Don ha qualcosa da dire riguardo alla prima quartina, Ron ha qualcosa da dire riguardo alla seconda, Jack e Jim hanno qualcosa da dire riguardo ai primi quattro versi delle terzine, e credo che tutti abbiamo qualcosa da dire riguardo al distico finale.

 

 

 

Alistair si presentò nella sede di LM intrappolato in un'impassibile trance da puntualità. Erano diverse ore che girava li intorno, e aveva speso circa quindici sterline fra tè e caffè. Non era visto di buon occhio trattenersi oltre il dovuto nei vari snack-bar dove lui indugiava (e dove per

di piú credeva di aver lasciato il poco felice ricordo dei suoi precedenti appostamenti), reggendo con entrambe le mani il bicchiere di carta scricchiolante, e guardando la luce scorrere sulle finestre dell'ufficio.

Quando il Big Ben battè le due, Alistair salì le scale. Inspirò cosi a fondo che per poco non cadde all'indietro... poi bussò. Una specie di custode piuttosto anziano lo fece entrare senza proferire parola in un bugigattolo pieno di cartacce, che conteneva, a fatica, sette persone.  Sulle prime Alistair le scambiò per altri sceneggiatori e si incuneò dietro la porta, ultimo della coda. Ma quelli non avevano l'aria degli sceneggiatori. Nelle quattro ore successive nessuno intavolò conversazioni, e le identità dei postulanti di Sixsmíth emersero in modo frammentario.  Un paio - il suo avvocato e lo psichiatra della sua seconda moglie - si congedarono dopo non piú di un'ora e mezza. Altri, come l'esattore delle tasse e il controllore della libertà vigilata, si trattennero quasi quanto Alistair. Ma alle sei e tre quarti era rimasto solo.

Si avvicinò al pagliaio inestricabile della scrivania di Sixsmith. Incominciò immediatamente a rovistare con ansia tra la corrispondenza ancora chiusa. Nella mente di Alistair si era fatto strada il pensiero che avrebbe potuto trovare la sua lettera e distruggerla. Ma tutte le buste - e ce n'era una quantità industriale - si rivelarono essere marroni, con la finestrella trasparente per l'indirizzo, e raccomandate. Quando si voltò per uscire, vide una borsa di jiffy molto voluminosa, con il suo nome e il suo indirizzo nella scrittura malferma di Sixsmith. Gli sembrò che non ci fosse nessuna ragione per non prenderla. Il custode, vide Alistair di lì a poco, si era rannicchiato dentro un sacco a pelo sotto un tavolo in anticamera.

Per la strada aprì il plico in un'effervescenza di lanugine grigia.Conteneva due delle sue sceneggiature: La valle delle Stratocaster e, in disordine, Decimator. C'era anche un biglietto:

 

Ho dovuto recarmi fuori sede, come si dice.  Alti e bassi personali.  Le telefonerò questa settimana, Potremmo... diciamo... pranzare insieme?

 

Allegata, ma non aperta, c'era anche la livorosa missiva di Alistair. Continuò a camminare. Il traffico, umano e meccanico, passava furtivo di fianco al suo volto rianimato. I suoi occhi sbarrati si concentrarono su una verità palese e decisiva: Hugh Sixsmith era uno sceneggiatore. Aveva capito.

 

 

 

Dopo una giornata inconcludente, spesa a discutere la cesura del verso iniziale di Sonetto, Luke e i suoi colleghi andarono allo Strabismus per un cocktail. Si sedettero al grande tavolo rotondo vicino al pianoforte.

Jane disse: - La TCT prepara il sequel di E’ l'alto suo. Joan commentò: - In realtà è un prequel.

- Titolo? - chiese Joe.

- Da stabilire. In TCT lo chiamano Fu l'alto suo.

- Mio figlio, - osservò Joe pensoso, dopo che il cameriere ebbe servito le bevande, - stamattina mi ha dato dello stronzo. Per la prima volta.

- Ma è incredibile...! - disse Bo. - Anche mio figlio stamattina mi ha dato dello stronzo.  Per la prima volta.

- E allora? - chiese Me.

Joe si spiegò: - Ma ha sei anni, per Dio.

Phil disse: - Mio figlio mi ha dato dello stronzo quando ne aveva cinque.

- A me, mio figlio non mi ha ancora dato dello stronzo, - intervenne Jim, - e ne ha già nove.

Luke sorseggiò il suo Bloody-Mary.Il colore e la consistenza lo indussero a chiedersi se poteva rischiare di soffiarsi il naso senza dover tornare alla toilette. Non telefonava a Suki da tre giorni. La situazione con Henna Mickiewicz gli stava irresistibilmente sfuggendo di mano.  Non si era spinto fino a prometterle una parte nella poesia... cioè, non aveva messo niente nero su bianco.  Henna era favolosa, salvo che quando stavi con lei pensavi sempre che, comunque andasse, a un certo punto ti avrebbe fatto causa. Mo stava dicendo che ogni bambino cresce a un ritmo tutto suo, e che i periodi di stasi arrivano regolarmente a bilanciare i progressi eclatanti dei primi anni.

Jim disse: - Comunque mi preoccupa.

Mo disse: - Mio figlio ha tre anni. E mi dà dello stronzo dalla mattina alla sera.

Tutti sembrarono adeguatamente impressionati.

 

 

 

Gli alberi si erano rivestiti di foglie, mentre i deretani degli autobus turistici si dimenavano nel traffico spessi e grassi, e tutti gli agricoltori volevano misti di fertilizzanti piuttosto che isolanti per magazzino, allorché finalmente Sixsmith telefonò.Nel frattempo, Alistair si era convinto di questo: che prima di restituirgli la sua lettera offensiva, Sixsmith l'avesse aperta con il vapore e poi l'avesse incollata di nuovo.Inoltre, nel frattempo, Alistair si era fidanzato seriamente con Hazel. Ma la telefonata arrivò.

Era ragionevolmente sicuro di non aver sbagliato ristorante. Se non che, non si trattava di un ristorante: non proprio. Qui non accettavano prenotazioni, non conoscevano nessun Mr Sixsmith, e stavano servendo molti spuntini di mezzogiorno a clienti che tra una bestemmia e l'altra si affacciavano con gli occhi gonfi sulle tazze colme di tè color carne. Dall'altra parte, servivano alcolici. Individui di ogni sorta erano intenti a bere. «Ottimo, - pensò Alistair, - Ottimo». Quale luogo migliore per un incontro fra due scenegg...

- Alistair?

Sixsmith chinò con sicurezza il lungo corpo nel separé. Mentre si sedeva, sembrò assai compiaciuto della manovra.Osservò Alistair con singolare neutralità, ma poi ci fu qualcosa di fanciullesco, di consapevolmente trascurato, nell'espressione con cui guardò il cameriere.  Mentre Sixsmith ordinava un gin tonic, divagando con spirito sul suo debole per il cocktail di scampi, Alistair si trovò amaramente ma intensamente attratto da quest'uomo, questo sceneggiatore scarmigliato dallo sguardo sognante, le curiose elisioni della voce appena strascicata, e sul volto grandi ombre di infossature e sporgenze ossute, le fontanelle mal richiuse delle sue fatiche professionali. Conosceva l'età di Sixsmith. Ma forse il tempo avanza in maniera strana per gli sceneggiatori, la cui fiamma arde tanto luminosa...

- E il mio sodale nell'arte della scrittura: Alistair. Tu cosa prendi?

Sixsmith si mostrò subito uomo amabile e schietto. O chissà... forse aveva visto nell'artista più giovane un interlocutore adatto per accantonare ogni falsa reticenza. Risultò che la seconda e ormai lontana moglie di Sixsmith, a sua volta figlia di due alcolizzati, era alcolizzata. La sua attuale amante (ah, com'erano effimere le amanti!) era alcolizzata. A complicare ulteriormente le cose, spiegò Sixsmith mentre faceva tintinnare il bicchiere per sollecitare il servizio, sua figlia, frutto del primo matrimonio, era alcolizzata. Come faceva Sixsmith a tener duro?  Malgrado l'età, grazie a Dio, aveva trovato l'amore fra le braccia di una donna abbastanza giovane (e a occhio e croce, abbastanza alcolizzata) da poter essere sua figlia. I loro cocktail di scampi arrivarono accompagnati da una generosa caraffa di vino rosso. Sixsmith accese una sigaretta e tenne il palmo della mano alzato verso Alistair per la durata di una crisi di tosse che fece girare tutte le teste della sala. Poi, per un attimo, comprensibilmente disorientato, fissò Alistair come se fosse incerto sulle sue intenzioni, o addirittura sulla sua identità. Ma il loro legame si risaldò in fretta. Di li a poco stavano conversando come incalliti compagni...chiacchieravano di Trumbo, di Chayevsky, di Towne, di Eszterhas.

Verso le due e mezza - quando il cameriere, dopo vari tentativi, riuscí a sottrarre a Sixsmith il cocktail di scampi ancora intatto, e si accinse a servire le costolette brasate insieme a una terza caraffa - i due uomini stavano dibattendo ad alta voce del primo Puzo.

 

 

 

Joe sbadigliò, si strinse nelle spalle e disse in tono languido: - Sapete cosa?  Non sono mai andato matto per lo schemapetrarchista, dico sul serio.

Jan disse: - Scritto a *** Castle è ABBA ABBA.

Jen disse: - Anche E’ l'alto suo lo era, prima dell'ultima revisione.

Jon disse: - Volete saperne una?  Si vocifera che su Scritto                        a *** Castle stiano facendo marcia indietro.

- Tu scherzi, - disse Bo. - Ma se esce questo mese...

Ho   sentito che le anteprime stanno andando alla grande. Joe sembrava dubbioso. - E l'alto suo ha diffuso nelle alte sfere un po' di inquietudine sul genere-sonetto. Non credono che il fulmine possa colpire due volte la stessa casa.

ABBA, ABBA... - disse Bo, disgustato.

Oppure... - disse Joe, - oppure... oppure si va di versi sciolti.

- Versi sciolti? - disse Phil.

- Si, verso libero, senza rima - spiegò Joe.

Cadde il silenzio. Bill guardò Gil, che guardò Will.

- E tu, Luke, che ne pensi? - chiese Jim. - Sei tu il poeta.

Luke non era mai stato particolarmente geloso di Sonetto. Fin dalla prima versione lo aveva considerato poco piú che una macchina da soldi. Attualmente riscriveva Sonetto ogni sera al Pinnacle Trumont, prima che Henna arrivasse e cominciasse la loro tormentosa ginnastica da camera da letto. - Libero... - disse Luke. - Verso libero. Non so, Joe.  Potevo fare ABAB ABAB, o perfino ABAB CDCD.  Cristo, partirci anche con AABB se non fossi convinto che taglia le gambe all' explicit...Ma in versi liberi... non ho mai pensato di andare di versi liberi.

- Beh, c'è bisogno di una soluzione, - disse Joe.

- Forse è il pentarnetro, - disse Luke. - O forse è il giambo.Ehi... così, tanto per buttar lì un'idea.  Che ne dite dei sillabici?

 

 

Alle sei meno un quarto Hugh Sixsmith ordinò un gin tonic e disse: - Abbiamo parlato.  Abbiamo spezzato il pane. Il vino. La verità. L'arte della sceneggiatura. Adesso, Alistair, voglio parlare del tuo lavoro. Si, ne voglio davvero parlare. Voglio parlate di Attacco da Quasar 13 Alistair arrossí.

- Non capita sovente che... Ma noi lo riconosciamo, sempre. Quel senso di sospensione piena di significato. Di vita percepita appieno... Grazie, Alistair. Grazie. Devo dirti che mi ha ricordato molto le mie prime prove.

Alistair annuì.

Dopo avere parlato piuttosto diffusamente della propria maturazione come sceneggiatore, Sixsmith disse: Ora. Puoi chiudermi la bocca in qualsiasi momento. Ma vorrei darti un piccolissimo consiglio a proposito di Attacco da Quasar 13.

Alistair si schermì con la mano.

- Dunque, - esordì Sixsmith. Poi si bloccò per ordinare un cocktail di scampi. Il cameriere lo guardò rassegnato. - Dunque, - riprese Sixsmith. - Quando Brad fugge dal laboratorio sperimentale nebuliano e insieme a Cord e Tara va a immobilizzare la falce di energia puntata contro la nave d'assalto dei sersiani... Chelsi dov'è?

Alistair aggrottò la fronte.

- Dov'è Chelsi? E ancora nel laboratorio con i nebuliani. I quali per giunta stanno per iniettarle un veleno di vipera fobiana. E come la mettiamo con il lieto fine? Come la mettiamo con la centralità di Brad in quanto eroe? E con l'amore che ha giurato a Chelsi? O forse ti sto solo annoiando?

Victoría, la segretaria, si affacciò in sala e disse: - Sta scendendo.

Luke ascoltò il rumore di ventitrè paia di gambe che si scavallavano e riaccavallavano.  Frattanto si preparò a spianare un sorriso a sedici denti. Lanciò un'occhiata a Joe, che disse: - Sta bene. Scende soltanto per salutare.

E scese, infatti: Jake Endo, squisitamente occidentalizzato, e favolosamente azzimato, e forse trentacinquenne. Fra i lussuosi attributi che decoravano la sua snella figura, nessuno era cosí mozzafiato come i capelli, con i loro strati di vezzeggiato splendore.

Jake Endo strinse la mano a Luke e disse: - E’ un grande piacere conoscerla. Non ho letto i materiali di lavoro della poesia, ma ho familiarità con il suo retroterra.

Luke pensò che Jake Endo si era fatto modificare l'apparato fonatorio. Si destreggiava a perfezione con parole che a un giapponese avrebbero dovuto creare difficoltà.

- Mi risulta che sia una poesia d'amore, - continuò. - Dedicata alla sua ragazza. E qui con lei, a L. A.?

- No. Lei è a Londra. - Luke si sorprese a fissare i sandali di Jake Endo chiedendosi quanto potevano essere costati.

Incominciò un crescendo di silenzio. Che era diventato insopportabile già da un pezzo, quando fu rotto da Jim, rivolto a Jake Endo: - A proposito... com'è andata Versi composti a cavaliere del ramo d'un tasso sorgente presso al lago di Easthwaite in un sito desolato della riva, cbe offre una incomparabile veduta?

 - Ah, Versi? - disse Jake Endo. - Niente male.

Stavo pensando a  Scritta a ***Castle, - osservò Jim, ma con voce flebile.

Ripiombò il silenzio. Quando si avvicinò al culmine, Joe improvvisamente si ricordò di tutta l'energia che teoricamente avrebbe dovuto possedere. Si alzò in piedi dicendo: - Jake...credo che abbiamo toccato il fondo dello sfinimento. Ci siamo proprio arenati in un punto morto.  Non riusciamo a metterci d'accordo sul primo verso. No, altro che primo verso... Non vediamo la strada per arrivare alla fine del primo piede.

Jake Endo non sembrò contrariato. - Queste fasi negative si presentano sempre. Con tutto il talento che è riunito in questa stanza, sono sicuro che ce la farete. Ai piani superiori abbiamo molta fiducia in voi.  Pensiamo che uscirà una grande poesia estiva.

- Si, sí... anche noi siamo fiduciosi, - disse Joe. - C'è una grande convinzione, qui fra noi... moltissima convinzione.  Non stacchiamo la spina da Sonetto mai, neanche un momento.

- Sonetto? - chiese Jake Endo.

- Si, è un sonetto... e si intitola Sonetto.

A ondate successive, l'Occidente si dileguò dal volto di Jake Endo. Pochi secondi dopo assomigliava a un signore della guerra dei secoli bui colto nel bel mezzo di una campagna militare, mentre trae un gelido sospiro prima di avventarsi allo sterminio di donne e bambini.

- Nessuno, - disse avvicinandosi al telefono, - mi aveva parlato di sonetti.

 

 

Il locale stava chiudendo. La clientela del tè e la clientela del dopo-ufficio erano entrate e uscite. Fuori, le strade mandavano cupi bagliori. Il personale si stava infilando impermeabili e cappotti. Una delle luci principali si spense. La porta di un frigorifero sbattè.

- Difficile definire tutto questo la felicità piú dirompente, vero? - disse Sixsmith.

Assente o indisponibile per piú di un'ora, il dono della favella era stato restituito ad Alistair...la favella, regina di tutte le facoltà. - E se invece... - ricominciò - decidessimo... semplicemente che Chelsi esce dal laboratorio prima?

- La drammaticità non sarebbe eccelsa... - ribatté Sixsmith. Ordinò una caraffa di vino e chiese lumi sulla sorte della cotoletta brasata.

- Oppure, che viene solo ferita... durante la fuga.  Per esempio, a una gamba?

- Purché si eviti il maledetto luogo comune: fanciulla in ambasce, pericolosa titubanza dell'eroe. E poi, Chelsi è di troppo nell'arrembaggio all'astronave d'assalto sersiana. In quell'episodio, non vogliamo averla tra i piedi.

Alistair disse: - E allora... facciamola morire.

- Di bene in meglio... paramenti a lutto proprio quando sta per arrivare il lieto fine. No, non ci siamo.

Ritto sopra di loro, un cameriere fissava sconsolato il conto nel piattino.

- Allora, - disse Sixsmith. - Chelsi viene ferita.  E anche piuttosto gravemente. A un braccio.  Adesso... che cosa fa di lei Brad?

- La porta in ospedale.

- Mmm... mi sembra una modulazione un po' anodina.

Il cameriere fu affiancato da un collega altrettanto stoico: i loro volti erano solcati dalle ombre della sera.  Adesso Sixsmith si stava perquisendo delicatamente, con un'aria sempre piú corrucciata.

- E se... - propose Alistair, - e se ci mettessimo qualcuno di passaggio che la porta all'ospedale?

- Niente male, - commentò Sixsmith che si era già mezzo alzato, con una mano affondata maldestramente nella tasca interna della giacca.

- Oppure... - perseverò Alistair, - oppure Brad le spiega la strada per arrivare all'ospedale.

 

 

 

Il giorno dopo, ritornato a Londra, Luke s'incontrò con Mike per mettere una pezza all'intera faccenda. In realtà, la situazione sembrava tutt'altro che disastrata. Mike chiamò Mal della Monad, che ce l'aveva con Tim della TCT. Come potenziale grimaldello contro Mal, Mike chiamò anche Bob della Binary con l'intento di riprendere l'opzione su Sonetto piú il denaro del trattamento, i cui interessi crescevano esponenzialmente, e fare un trattamento nuovo di zecca in altra sede... alla Red Giant, per esempio, dove si diceva che Rodge fosse molto interessato. - Vogliono che tu vada là, - disse Mike, - per esaminarlo insieme.

- Non posso credere a Joe, - osservò Luke. - Non posso crederci, di essermi fregato per quel dettaglio.

- Succede. Joe si era dimenticato del passato sonettistico di Jake Endo.La prima grossa poesia di Endo è stato un sonetto. Prima della tua esplosione. Foss'io saldo qual sei, splendida stella. Ha tenuto il cartellone circa un giorno. Praticamente ha mandato il Giappone in bancarotta.

- Mi sento logoro, Mike. Non ho piú fiducia. C'è bisogno che qualcuno mi dia una dritta.

- Molto dipende da come andrà Scritta a Castle, e dalle impressioni sul prequel di E’ l'alto suo.

- Vado via per un po' insieme a Suki. Conosci un posto completamente privo di negozi?  Cristo, ho un bisogno bestiale di vacanze.  Mike, queste sono tutte stronzate. Tu sai che cosa vorrei fare veramente, no?

- Sicuro.

Luke continuò a guardare Mike finché Mike non disse: - Tu vuoi fare il regista.

 

 

 

Riavutosi dal pranzo, Alistair si gettò a capofitto nella revisione di Attacco da Quasar 13, seguendo piú o meno i suggerimenti di Sixsmith. Risolse l'aporia di Chelsi facendola sbranare fragorosamente da una pantera stigiana nel serraglio del laboratorio. Un'eventuale accusa di gratuità, a giudizio di Alistair, era ampiamente prevenuta dall'addio di Brad ai suoi avanzi, addio nel quale si prefigurava e insieme legittimava la sanguinosa vendetta dei nebuliani.  Inoltre cassò il brano in cui Brad dichiarava il suo amore per Chelsi, sostituendolo con un brano in cui Brad dichiarava il suo amore per Tara.

Spedí le nuove pagine, che tre mesi piú tardi Sixsmith accolse tra mille plausi in un tono un      po' lontano da quello della loro corrispondenza precedente. Non si curò affatto di rimborsare il pranzo ad Alistair. Il suo portafoglio, spiegò Sixsmith, era stato svuotato quel mattino... da quale etilista, non era riuscito a stabilirlo. Alistair aveva tenuto il conto per ricordo.  L'elettrizzante documento dimostrava come durante il pranzo Sixsmith avesse fumato, o per lo meno acquistato, quasi una stecca di sigarette.

Tre mesi dopo gli inviarono le bozze di Attacco da Quasar 13. Dopo altri tre mesi, la sceneggiatura apparve sul “Little Magazine”.  Ancora tre mesi, e Alistair ricevette un assegno di 12 sterline e 50, che rimandò al mittente.

Strano a dirsi, sebbene la bozza tenesse conto delle varianti apportate da Alistair, la versione pubblicata era identica a quella del dattiloscritto, e quindi Brad fuggiva dal laboratorio nebuliano apparentemente senza darsi pena per una Chelsi vista l'ultima volta su un tavolo operatorio, mentre le conficcavano nel collo una siringa colma di veleno di vipera fobiana.  Quel mese stesso Alistair fece un reading al Circolo degli Sceneggiatori, a Earl's Court. In quell'occasione fini per discutere con una ragazza un po' sciupata, vestita con un camicione nero sporco di cenere, che sosteneva di avere letto la sua sceneggiatura; davanti a due bicchieri di vino rosso - e piú tardi nel terribile pub - gli disse che era un pusillanime e un ipocrita, senza la piú pallida cognizione di quello che succede fra gli uomini e le donne. Alistair non era uno sceneggiatore pubblicato di esperienza tale da poter ribattere (anche se conservò il numero di telefono che lei gli gettò ai piedi). Viene tuttavia da dubitare che avrebbe osato spingere le cose troppo in là. Il weekend successivo si sposava con Hazel.

L'anno dopo spedí a Sixsmith una serie - potremmo dire quasi una sequenza - di sceneggiature incentrate sul tema della violenza di gruppo. Alla lettera di sollecito inviata in estate rispose solo una nota informativa con la notizia che Sixsmith non lavorava più al LM. Alistair telefonò, poi discusse la questione con Hazel e decise che l'indomani si sarebbe preso un giorno di permesso.

Era un mattino di settembre. Cricklewood era un ospizio di progetto e costruzione recenti: dalla strada spiccava come un villaggio di igloo contro la tundra opaca del cielo. All'accettazione, quando chiese di Hugh Sixsmith, due uomini in abito intero scattarono dalle sedie. Uno era un ufficiale giudiziario, l'altro un liquidatore.  Alistair respinse le loro complicate richieste con un cenno della mano.

Nella calda stanza albergava un brusio costipato e rancoroso, oltre che un deciso disprezzo del regolamento in forma di bottiglie e bicchieri di carta e fumo di sigaretta; e i diversi e furtivi sguardi del dolore femminile. Una ragazza lo affrontò con aria orgogliosa. Alistair incominciò a spiegare chi era, un giovane sceneggiatore venuto per...sul letto d'angolo era adagiata alla meno peggio la figura osteoartritica di Sixsmith. Alistair si avvicinò. Sul memento fu sicuro che gli occhi fossero scomparsi, come fori scavati in una zucca o in un'arancia rossa. Ma poi le deboli sopracciglia cominciarono a sollevarsi, e gli parve di cogliere in quelle pupille no lampo di riconoscimento.

Mentre sgorgavano le lacrime, senti lungo la schiena il fremito dell'approvazione, del consenso.  Prese la mano del vecchio sceneggiatore e disse: - Addio... e grazie. Grazie. Grazie.

Con un'uscita in quattrocentotrentasette sale, il sonetto della Binary Scritto a *** Castle incassò diciassette milioni nel suo primo weckend. A questo punto Luke abitava in un appartamento con due camere da letto in Yokum Drive. Suki stava sempre con lui. Luke sperava che non ci mettesse molto a scoprire della sua storia con Henna Mickiewiez. Passata la tempesta, si sarebbe messo con la piú matura Anita, produttrice.

Aveva portato il suo sonetto a Rodge, della Red Giant, e lo aveva trasformato in ode. Dato che non funzionava, era andato da Mal della Monad, dove avevano optato per la villanella. La villanella era diventata ottava rima - ma per poco - con Tira della TCT, fino a quando Bob della Binary non gli aveva suggerito di ripensarla in forma di rondeau. Quando il rondeau aveva fatto cilecca, Luke aveva liricizzato il componimento e aveva chiesto a Mike di inviarlo a Joe. Tutti, compreso Jake Endo, erano fermamente convinti che fosse il momento di ritrasformarlo in sonetto.

Luke cenò da Rales insieme a Joe e Mike.

- Ho sempre creduto che Sonetto fosse una poesia d'arte, - spiegò Joe. - Ma ora i sonetti vanno talmente forte, che ho cominciato a ripensarlo in chiave più commerciale.

Mike disse: - Alla TCT faranno un sequel e un prequel di E’l'alto suo, facendoli uscire in contemporanea.

Un sequel? - disse Joe.

Esatto. Per adesso lo chiamano Sarà l'alto suo sdegno. Mike era un po' sballato. E anche Joe.  Anche Luke era un po' sballato. In ufficio avevano sniffato qualche riga.

E poi i drink al bar. Avevano deciso di sballare un po'.  Andava bene cosi. Era okay, una volta ogni tanto, sballare un po'. L'importante era non sballare troppo spesso. L'importante era non eccedere nello sballo.

- Dico sul serio, Luke, - fece Joe. Riluceva, sfolgorava. - Credo che Sonetto possa spopolare come “... ”.

- Dici? - domandò Luke.

- Dico.  Credo che Sonetto possa diventare un altro“…”.

- “…”?

- “…”.

Luke riflettè un momento, interiorizzando. - “…”... - ripeté con stupore.

 

 

 

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(Questo racconto, inizialmente pubblicato sulla rivista “New Yorker ”, nel 1992, è stato pubblicato in Italia nella collana Cattive acque,  Einaudi editrice, Torino, 1999, traduzione di Massimo Bocchiola)