SALA D’ATTESA


Dario Bizzarri





Il futuro era una linea che si interrompeva bruscamente a metà della sua mano ma lui senza farci caso parlava del domani e degli anni a venire sprecando parole e anche il desiderio diventava qualcosa di insensato e lontano, forse compreso in quella breve traccia sul palmo, forse perso nel deserto di una cute di colpo liscia.

La panchina era di marmo, un bianco liscio appena screziato di sottilissimi grigi e lei lasciò scorrere un pensiero banale, un flash di statua col cane e di vesti sontuose, una nobile tomba in un duomo toscano

L'altoparlante emetteva avvisi non richiesti, storpiando lingue e scusando ritardi mentre folate di junk food stabilivano improprie connessioni sinaptiche associando per sempre il ricordo di quella sera a patatine mosce e ad hamburger cartonati.

Pensò che avrebbe voluto essere di nuovo bambina, sentire il profumo di suo padre, accarezzare il legno di una panchina levigata da viaggiatori di prima classe aspettando treni dai sedili di velluto, luci blu e controllori cortesi. Un progetto al passato, forse nostalgia, forse un irrealistico tentativo di riprendersi il tempo che le era stato sottratto

Intanto lo lasciava parlare distogliendo attenzione fino a lasciare soltanto un rumore di fondo e immaginarsi parole non banali, una spiegazione inattesa del senso di tutto.

Non sapevai perché fosse scappata dall' l'hospice, da un allontanarsi calmo dal mondo, sapeva soltanto che il desiderio di vita non si era ancora spento ed anche un mc burger, uno sferragliare di treno, i colori accesi di un brutto affresco di stazione potevano riassumere in sé il sapore dell'esistenza.

E lei non era ancora pronta al silenzio, alle tinte pastello, al parlare sommesso, alle music for airport , per sale d'attesa e chissà, forse anche per purgatori, se dio conosceva brian eno

Probabilmente aveva preso il posto a qualcuno più serio, ma non riusciva davvero a sentirsi in colpa, avrebbero dovuto fare selezioni, esami severi come per un'entrata in clausura, magari con madri superiore a decidere su raggiunte atarassie

Intanto stava rispondendo che sarebbe stato fantastico, magari un'altra volta, magari domani e il suo sguardo deluso le faceva abbassare gli occhi mormorando promesse che non sarebbe stata in grado di mantenere


Facciamo finta di lasciarci per sempre, disse, stupendosi lei stessa di quelle parole, m a stai tranquillo, un addio da fine di film, poi domani una nuova proiezione e ore di passione fino ad un nuovo the end. E magari ogni giorno in un posto diverso, fino a trovare quello giusto, quello perfetto

Non posso davvero offrirti altro, pensava, dando spiegazioni banali. Perché ci voleva qualcosa di speciale… perché il loro incontro era diverso..- perché dall'attesa sarebbe nato sempre nuovo desiderio……

La testa di lui le dava ragione con movimenti e parole, un assenso obbligato per quel poco che era meglio di niente, un ragazzo perbene, insistere non era educato, e lei di colpo fu certa che davvero sarebbe stato là anche domani e poi ancora tutti gli altri giorni possibili, tutti gli altri giorni concessi.

 


Dario Bizzarri , psichiatra, nato a Ventimiglia nel 1957, vive  a Calci. Scrive prevalentemente short stories. Premio Nuove Lettere 2003 per la raccolta di racconti inediti "Racconti Marginali" Ha pubblicato nel 2007  Bed and Breakfast (ETS ed.). 


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