LA LEGGE


Aurora Filiberto Hernández

 



Vivevano in una piccola cittadina di nome San Pedro. Il papà, un uomo molto ricco, aveva un allevamento di maiali. Lei, la sua figlioletta di cinque anni, era una bambina molto graziosa. La sua stanza era piena di giochi, e le piacevano molto anche le bambole. Come tutti i bambini, non pensava ad altro che a giocare e suo padre sempre le comprava tutti i giocattoli che lei voleva. Un giorno, la bambina si mise in testa di volere una rana. Per tutto quel giorno cercò nel giardino della sua casa aiutata dalla ragazza di servizio, ma non riuscirono a trovarne una. Alla fine la bambina si era messa a piangere, e suo padre che non voleva veder triste la regina della casa a causa di una rana, le promise di portarla al fiume, dove tra le mangrovie sicuramente ne avrebbero trovate tante. Quella sera stessa uscirono insieme; lui portava una grossa lanterna, lei una vecchia scatola di scarpe che sua madre aveva preparato facendo dei buchi nel coperchio. Nella scatola, la bambina aveva sistemato delle foglie fresche con la stesa amorevole affezione con cui sempre preparava i lettini per le sue bambole. Dentro, il papà e la bambina avrebbero messo la rana per portarla a casa. Sarebbero tornati per l'ora di cena.

Arrivarono al fiume, e scesero dalla macchina vicino a un ponticello di legno legato al quale il papà aveva una piccola barca a remi. Stavano per salire sulla barca, quando sentirono una voce che urlava. Era una donna, che correva verso di loro chiamando il papà. Li raggiunse e quasi senza fiato riuscì a parlare, sembrava molto preoccupata. Aveva i capelli quasi tutti bianchi, la bocca grossa e la pelle scura. Una gonna lunga a fiorellini con l'orlo sporco, lasciava intravedere i piedi con indosso dei sandali molto consumati. “Andiamo subito”, disse il papà dopo avere ascoltato la donna. La bambina era delusa, aveva capito che la ricerca della rana era stata sospesa.

Salirono in macchina. In un attimo uscirono da San Pedro. Il cielo era diventato di un colore blu indaco. Tra qualche minuto sarebbe arrivato il buio. La bambina portava sopra le sue ginocchia la scatola di scarpe. Non sapeva dove stavano andando né cosa succedeva. Sapeva soltanto che dietro di lei, nella macchina del suo papà, era seduta una donna molto brutta. Somigliava alle vecchie straccione che giravano nel mercato e che tutte le domeniche si sedevano nelle scale dell'entrata della chiesa a chiedere l'elemosina.

Dopo quasi un'ora di strada, passarono davanti a un piccolo paese dove molte persone prendevano dell'aria fresca sedute davanti alle porte delle loro case. Passato quel paesino, il papà fermò la macchina in una piccola stradina buia, davanti a una povera casa senza finestre. Entrarono e la bambina sentì dell'aria calda arrivarle in faccia. Vicino alla porta, una donna magrissima dagli occhi grandi e vispi, friggeva in una cucina a cherosene delle fette di platano maturo che galleggiavano in una grossa padella fumante piena di margarina annerita. Al centro della casa, un tavolo di legno e delle sedie impagliate: due donne e un uomo seduti, sembravano conoscere il papà e guardavano incuriositi la bambina. La donna arrivata insieme a loro, fece scorrere una tendina di plastica, che era agganciata a un filo storto di metallo, dietro, in un letto matrimoniale, era coricata una ragazza molto bella. Soltanto quel letto e un piccolo armadio di legno su cui erano messi in disordine vestiti e biancheria, componevano quella precaria camera da letto. Il papà si era chinato verso la ragazza e aveva preso le sue mani. “Hai la febbre”, le disse. La ragazza si era messa a piangere. La donna aveva chiuso di nuovo la tenda che separava i due ambienti della casa. Erano rimasti in disparte, il papà, la figlioletta in piedi con la sua scatola di scarpe e la ragazza. La bambina non diceva niente, ma guardava tutto con molta curiosità. Una grossa candela gialla era accesa su una piccola mensola davanti a un'immagine del sacro cuore di Gesù. Ai piedi del letto un mucchio di stracci sporchi di sangue, e in un angolo della stanza, sopra un pezzo raggrinzito di carta da giornale, giaceva per terra, il corpo nudo di un bambino piccolissimo, nato prematuro. Aveva vissuto soltanto due ore, ed era morto senza essere stato battezzato. Tutti aspettavano che il prete arrivasse, solo lui poteva decidere cosa fare, se era il caso di seppellire il bambino con la benedizione di Dio. Preparargli una veglia prima forse era peccato. Prenderlo in braccio temevano che portasse male .

Il papà si era seduto sulla sponda del letto e abbracciava la ragazza, mentre la baciava, lei continuava a piangere e non smetteva di promettergli un altro figlio, anche lui maschio, ma vivo, forte e bello. Intanto la bambina, molto stupita, si era avvicinata al corpicino morto.

Dopo un po' il papà e la bambina risalirono in macchina per tornare a casa.

“Sai che cosa è una legge?”. Senza aspettare che la bambina rispondesse, il papà proseguì. “Una legge è un privilegio concesso solo alle persone grandi e intelligenti, è una regola che si deve seguire e compiere ad ogni costo, e oggi ho deciso che io e te né avremmo una”.

La bambina lo ascoltava in silenzio. Era contenta con la sua scatola di scarpe sopra le ginocchia, e si chiedeva soltanto, se il giorno dopo sarebbero finalmente andati al fiume a catturare una rana.

“Questa legge”, continuava il papà, “è solo nostra, e stabilisce che nessuno dei due dirà mai alla mamma né a nessun'altra persona dove siamo andati oggi, va bene?”.

“Va bene”, rispose tranquillamente la bambina, e dopo un po'aggiunse, “ma, papà quella ragazza era malata, vero?”.

“Si cara, molto malata, e noi siamo andati ad aiutare la sua famiglia con un po' di soldi per le medicine”.

Lui rimase in attesa di altre domande, ma la bambina non né fecce. Il papà sapeva che lei lo aveva visto baciare ed abbracciare la ragazza. Lui stesso aveva fatto entrare sua figlia in quella povera casa, e la bambina aveva anche visto il piccolo cadavere per terra.

Arrivarono a casa, senza che nessuno dei due dicesse più niente, e prima di scendere dalla macchina, il papà prese tra le sue mani il piccolo viso della figlioletta. “Allora intesi?”. Le disse guardandola negli occhi.

“Si papà”.

“Seguirai la legge?”

“Si”

“Promesso?”.

“Promesso!”.

La bambina salutò la mamma e subito dopo portò in camera sua la scatola di scarpe. Poi si lavò le mani. La cena era pronta da più di un'ora e tutti avevano fame. Mentre cenavano, il papà raccontò una bugia alla mamma per giustificare il loro ritardo, poiché alla fine la rana non l'avevano neanche presa.

Il giorno dopo era Domenica, e quando il papà si svegliò notò che la moglie non era più con lui nel loro letto. Poi sentì dei rumori che provenivano dalla stanza della figlioletta. Si alzò per andare a vedere che cosa succedeva e trovò la ragazza di servizio seduta per terra davanti alla camera della bambina. La ragazza aveva gli occhi rossi e tremava. Sembrava molto spaventata. “Io non voglio toccarlo”, diceva con appena un filo di voce.

“La prego signore, non mi faccia toccarlo”.

Entrò nella stanza e vide la bambina coricata nel suo lettino. Piangeva, mentre teneva abbracciato il bambino morto. Gli aveva messo i vestitini di una delle sue bambole e lo aveva avvolto in una morbida copertina rosa. “Papà”, disse la bambina ostinata appena lo vide entrare, “io voglio dormire sempre insieme a lui, ma la mamma non vuole, posso tenerlo papà?”.

La mamma inorridita urlava, “Ma che significa tutto questo? e dove hai preso quel bambino?”.

“Te l'ho gia detto che non posso dirtelo”, rispose la bambina. Poi aggiunse “è la legge”.






Aurora Filiberto Hernández è nata a Tumeremo nello stato Bolivar in Venezuela, il 28/07/1968. Dopo essersi laureata in lettere presso la "Universidad Central de Venezuela", si trasferisce in Italia per motivi famigliari. Ha pubblicato poesie e racconti in alcune riviste venezuelane come: "Casa de la Cultura de Guayana", "Centro de Estudiantes de la Escuela de Letras" e "La Cueva del Ratòn", rivista del laboratorio di scrittura di cui ha partecipato presso la "Biblioteca Nacional de Caracas". Attualmente insegna lo spagnolo nelle scuole superiori .

 


     
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