ICQ


Graziano Delorda



L'avevo beccata tramite ICQ, uno dei programmi di Chat più diffusi nel pazzo mondo della rete, anzi, probabilmente il più diffuso. Mesi prima avevo scopato con Lou Marine, il trans più bello dell'Emilia Romagna, partecipato all'omicidio di un prefetto del centro Italia, parlato con una strega canadese ed ero stato anche sodomizzato dall'alieno dei sedici peni.
Tutto molto interessante, tutto collegato ad un clic, il mio. Volontà di potenza avrei dovuto intitolare questa storia, capirete in seguito…capirete.
Adesso si sarebbe trattato di carne, labbra schiumose e tette dai capezzoli dilatati, come non piacciono a me, quelli che solitamente rimangono indifferenti alle vostre sollecitazioni.
Erano, infatti, bastate un paio di chattate per organizzare l'incontro. Lei molto piacente (mi aveva spedito alcune foto), lineamenti volgari, capelli lisci e sboccata quanto è costume esserlo quando si sta dietro uno schermo alle 2 del mattino.
Mi avrebbe fatto impazzire ("so quello che volete voi uomini…!!!"), libera da pregiudizi e tabù, avrebbe reso me incapace di avere in futuro altre storie sessualmente paragonabili alla nostra. Per me era già qualcosa sapere, ma non ne ero ancora del tutto convinto, che non si trattasse del trans più bello della Sicilia o di un'altra strega dal grilletto sensibile. Insomma, stavo al suo gioco, accettavo le provocanti proposte, osservavo le sue foto e mi dicevo "che faccia da zoccola, che faccia da zoccola!!!".
Venne così la sera dell'incontro, incoraggiati entrambi dal fatto di conoscere i nostri volti (io anche il suo corpo), e di aver parlato al telefono poche ore prima. La voce era quella di un soprano atono incallito fumatore di Galouise senza filtro, una voce che, non so ancor oggi per quale motivo, mi aspettavo. Di presenza avrebbe alitato bruschetta con cipolla..
Tagliai corto alle sue domande affermando che avrei preferito risponderle di presenza; fra le altre cose mi aveva chiesto come era il mio naso, le dissi la verità, "straordinario!".
"Almeno sono sicuro che non è un uomo!!!" - pensai quando riattaccai.
Decisi di concedermi una chance in più, posai i jeans logori e gli anfibi inzuppati dalla pioggia pomeridiana ed indossai qualcosa di più elegante. Avrei dovuto anche sbarbarmi, ma non sarei riuscito a fissarmi per venti minuti allo specchio. Ero tuttavia divertito da questa situazione, eccitato al pensiero di quelle labbra ("e non sai come le uso bene…"), piacevolmente scazzato.
- "Sarò vestita di nero!" -
- "Io anche" -
- "Vedi abbiamo molte cose in comune" -
- "Già…già" -

Alle tre del pomeriggio due testimoni di Geova mi avevano chiesto se la situazione attuale del mondo in cui viviamo mi preoccupasse, risposi no. Stavo attraversando uno dei miei soliti periodi di depurazione, troppe birre e poco sesso rendono Daniele un cesso! Avevo lo stomaco sottosopra, gli occhi ingialliti ed il cazzo sempre dritto, ma avrei fatto uno strappo quella sera.
Uscii elegantemente da casa dieci minuti prima delle 22, le scarpe ben lucidate alleggerivano il passo. Guidai molto lentamente gustandomi il programmato anticipo; mi faceva molto male la gola. L'appuntamento era stato fissato ad una fermata dell'autobus sotto casa sua, 22 in punto. Arrivai, spensi il motore e le luci, mi rollai una sigaretta senza accenderla, così, per il gusto di farlo, pigiai On sintonizzandomi sui 93: 05, contento di trovare la solita anonima sinfonia russa e aspettai con cura.
Quando l'orologio nel cruscotto segnò le 21: 59 vidi un'ombra scendere le scale del palazzo alla mia sinistra, la sirena gialla del cancello automatico si mise in funzione ed una figura nera iniziò ad ingrandirsi nel mio specchietto retrovisore.
Abbassai il volume dello stereo e scesi dalla macchina.
Senza stringerci le mani ci scambiammo velocemente due baci sulle guance, lei disse anche "Piacere!", io no. Notai subito che era molto alta, quasi quanto me. Accompagnandola allo sportello sentii il rumore dei suoi tacchi, nascosti da un lungo cappotto nero, sull'asfalto rifatto. Aprì da sola lo sportello ed entrò. Da fuori potei vedere finalmente le sue scarpe, molto belle.
Iniziò a parlare e non la smise più!!!
Era più piccola di me quasi di dieci anni, ma questo l'avevo già intuito via chat, meno volgare di presenza rispetto alle foto, con un accento insostenibile e delle unghie malamente mangiate. Fumò due Philip Morris Ultra Light 100's di seguito, lasciando in entrambi i filtri evidenti tracce di rossetto. Aveva perso almeno un'ora per prepararsi all'uscita. Parlava di scuola, scioperi, presidi, discoteche, gatti e sigarette, credo non seguisse un filo logico, anzi spero.
Io guidavo piano, cercavo di guardarla negli occhi e di sorridere, fallendo nel voler perseguire ciò simultaneamente.
Probabilmente pensò che io l'avessi implicitamente incaricata di rompere il ghiaccio per prima, sentendosi in dovere di parlare, parlare, parlare, parlare. Durante il tragitto in macchina interruppe il suo uccidermi solo una volta, chiedendomi - "Posso mettere qualcos'altro?";
- "Fai pure" - le dissi fissando il guardrail ammaccato alla mia sinistra - "Se vuoi ho una cassetta dei Beatles…!" - aggiunsi con entusiasmo autogestito;
- "I Beatlesssss!?!?…Per favore nooooo!!!!" - aprendo ad ogni vocale smisuratamente quel cazzo di bocca dipinta di bordeaux. Non puzzava di cipolla, ma il suo esagerato profumo era ugualmente fastidioso.
Iniziò così a fare zapping nervosamente da una stazione all'altra, ascoltando per pochi secondi ciò che veniva fuori dagli altoparlanti della mia auto, sparando cazzate tipo "Però Mariella Nava è sempre stata una grande artista!", "Certo che Vasco è Vasco!!!", "Ma ti rendi conto che hanno fatto vincere quelli là?!?", riferendosi all'appena terminato Festival di San Remo. Fu lì che temetti il peggio, e cioè uno sproloquio su vinti e vincitori della canzone popolare italiana. Staccai per dieci minuti il cervello, mettendo un sorriso sulle labbra con la funzione di cartello informativo, su di esso la scritta in corsivo "Certo…Certo…".
Decisi di capire se ne stesse valendo la pena o meno. Ne valeva, ne valeva…
Era bona, non c'è che dire né si potrebbe usare un termine diverso, proprio bona! Dimostrava almeno venti anni, gambe lunghe e robuste, avrebbero sostenuto ampiamente una candela prolungata. La gonna, da seduta, sotto al ginocchio, nera con i bordi argentati; le scarpe restavano invisibili sotto il sedile, le tette no. Il maglioncino attillato e una natura generosa mi stavano incitando a metterle una mano in mezzo al petto, a succhiare, stringere, mordere, sborrare, ma il suo continuo gesticolare sembrava ipnotizzarmi più della sua terribile voce.
Iniziò la tanto temuta quanto attesa serie dei "Conosci…?", "Sei mai stato a…?". Ebbi così conferma del mio innato talento alla menzogna. Cominciai, infatti, a risponderle con una raffica di nomi di persone e luoghi del tutto inventati, e per rendere la cosa ancora più credibile usai quelli più strani tipo "Paolo Paola", "Eros Furino", o la discoteca "Enciclica 2000".
Temendo di apparire fuori dal giro giusto aggiunse una lunga serie d'altri luoghi e personaggi da lei conosciuti, ben più ridicoli di quelli inventati da me, fermandosi, sicura di avermi dimostrato quanto fosse In, solo quando, giunti in prossimità del pub scelto da lei in precedenza, stancamente affermai: - "Sai… non ci sono mai stato in questo posto!".
Lasciai scendere prima lei, tolsi il frontalino dell'autoradio e lo sistemai proprio accanto alla scatoletta di metallo contenente due profilattici comprati la mattina del giorno stesso, poi uscii anch'io. Era davvero molto alta, 175/78 con tacchi, e sapeva anche camminarci sopra in modo molto onesto. All'interno del pub non c'era nessuno, solo troppa luce e la solita musica post Festival. Ci accomodammo in un angolo del locale, veleggiando fra gli sguardi dei camerieri senza professare parola alcuna. Fissandone il più giovane tacitamente mi accordai per un patto di non interferenza, cose da uomini…Togliendosi il cappotto nero potei vedere ancora meglio i due grandi seni sporgenti, le gambe strette e la vita un po' larga. Io posai il tabacco sul tavolo e mi sistemai comodo sulla sedia imbottita. Era un procedere lento, silenzioso e laborioso, disturbato esclusivamente dalla troppa luce e dall'altoparlante posto proprio sopra le nostre teste.
- "Che prendi?" - decisi di fare l'uomo!
- "Tu?" -
- "Mmmmm, non saprei…" -
Nel frattempo si avvicinò il cameriere suo coetaneo e con una macchia rosa sul fianco destro della camicia bianca. Rimase immobile davanti a noi, fissandomi e aspettando.
- "Un aperitivo alla frutta leggermente alcolico sennò mi viene il mal di testa, senza kiwi, però… avete patatine?" - esordì inaspettatamente e tutto d'un fiato;
- "Certo!" - le rispose il ragazzo senza troppo entusiasmo;
- "Per me una birra" -
- "Che birra preferisce?" -
- "Che birre ci sono?" -
- "Ceres, Adelscot, Tuborg, Bud, Messina" -

Fui tentato da quest'ultima, battuta con il limone e dal collo lungo, poi decisi per una Bud liscia.
Lei si accese una sigaretta con la sinistra, spostando i tovaglioli di carta all'estremità del tavolo, io la imitai riportandoli nella posizione originale e prendendo il Virginia Tobacco fra le mani. Questa mossa sembrò funzionare, sciogliendo le sue ingombranti labbra in un sorriso accettabile e ricaricandola per nuovi discorsi imminenti.
- "Ma che fumi?" -
- "Tabacco…" -
- "Solo tabacco?" -
- "Solo tabacco…" -
- "No, perché io non sopporto i drogati!" -
- "Neanche io!" -

Mi accesi la sigaretta rollata in macchina mezz'ora prima.
- "Ma è buono?" -
- "A me piace molto, è dolce e aromatico" -
- "E quanto ne fumi?" -
- "Dipende…" -
- "Da cosa?" -
- "Dal momento…Ci sono giorni che fumo di più e giorni che non fumo per niente." -
- "Beato teeee!!! Io proprio non ne posso fare a meno, fumo come una turca!" -

Arrivarono i nostri drinks. Il cameriere mi sfiorò il volto con il gomito. Mi portò la birra senza bicchiere, così dovetti richiamarlo e farglielo notare. Arrivato il bicchiere arrivarono anche le patatine e delle tartine al formaggio. Alzai il piccolo boccale e lo feci incontrare con il suo.
- "Cin cin!" -
- "Salute!" - chiosai.
Dopo il primo lungo sorso fece una faccia strana, sostenendo che si sentiva troppo l'alcol, che era amaro e che già le girava la testa. Io risi, osservai lo stampo delle sue labbra sul bordo del bicchiere e fra me e me pensai "Bevi, bevi…".
Ritornò a parlare della scuola, di come i professori fossero stronzi, dei raccomandati e del suo sogno di diventare una patologa o qualcosa del genere. La birra era stata presto riscaldata dal bicchiere appena uscito dalla lavastoviglie, decisi di buttarla giù velocemente e prenderne un'altra. Anche lei si dava da fare col suo aperitivo rossastro, le patatine ed i fazzoletti; ne aveva ammonticchiato una decina accanto al posacenere. Mentre parlavamo delle gite scolastiche, cercando invano di introdurre argomenti piccanti, la mia debole attenzione fu catturata dalle prime note amiche della serata. Aprii ancora di più il mio sorriso togliendomi gli occhiali, lei ferma ancora alla Spagna o alla Grecia.
"All pirates yes they rob I, Sold I to the merchant ship, minutes after they took I from the bottom less pit...won't you help to sing these songs of freedom cause all I ever had Redemption Songs…Redemption Songs".
- "Ma ti sto annoiando?…No, dimmelo, perché io parlo troppo, poi quando bevo un po'.." -

Fiutando l'appiglio giusto tornai presto in me rilanciando:
- "Ed oltre a parlare che fai solitamente quando hai bevuto troppo…?" -
- "Inizio a ridere e non la finisco più, però non mi sono mai ubriacata in vita mia!" -
- "C'è sempre una prima volta…" -

Avevo mancato l'aggancio. Arrivò l'altra birra, Tuborg stavolta.
Lei si accese un'altra sigaretta con il mio accendino, bevve un sorso del suo drink ed aspettò che fossi io a parlare.
Parlai.
- "E' la prima volta che esci con un ragazzo conosciuto in chat?" -
- "Nooo, l'altro Sabato sono andata a ballare con un tipo conosciuto tramite ICQ, solo che poi c'ha provato ed io sono tornata a casa in taxi!!! E' stato molto maleducato" -
- "Forse aveva frainteso qualche tua frase!" -
- "Vabbè, ma si capisce che in chat ognuno porta avanti un determinato personaggio…"
- "Ed il tuo personaggio qual è?" -
- "Mmmmm ...secondo te?" -
- "Forse quello della donna matura capace di decidere cosa, come e quando volere qualcosa?" -
- "Perché credi che non sia abbastanza matura per te?" -
- "Non ho mica detto questo…" -
- "Scusa, scusa, è che mi gira un tantino la testa" -
- "Era forte?" -
indicando il suo bicchiere ormai vuoto,
- "Forse, sono un po' stanca…Che ore sono?" -

Alzai il mento puntandolo verso l'orologio sulla parete alla nostra destra, erano le 24 esatte.
- "Dai, finisco la mia birra e ti riaccompagno a casa" -
- "Ok" - sentendosi forse trattata come una bambina, sentendo giustamente.
Scolai nel suo silenzioso osservarmi la birra, presi il tabacco e l'accendino e le feci cenno d'alzarsi. Il mio trattarla ora senza ritegno alcuno, studiato ed improvvisato allo stesso momento, la stava infastidendo visibilmente. Si sentì in dovere di dire - "Però era buono!!!" - riferendosi al suo aperitivo, poi scollò il culo dalla sedia e mi seguì.
Mi feci avanti per pagare dicendole, davanti ad un cassiere assonnato, che la prossima volta avrebbe pagato lei. Mi sorrise, forse disse anche "OK", "Grazie!" lo sentii chiaramente. Mettendo il resto in tasca le misi una mano dietro la schiena per condurla con fare protettivo da fidanzato all'uscita. Questo gesto mi rincuorò; sentii attraverso il cappotto il gancetto del reggiseno, la sua schiena dritta ed il suo incedere meno maestoso che all'entrata. Ripeteva che era stata molto bene in mia compagnia, che, anche se non ero uno dalle molte parole, ero simpatico ed altre stronzate simili. Voleva chiuderla definitivamente lì, ma io, con la mano ancora sulla sua schiena, sferrai l'ultimo attacco:
- "Allora che si fa!?!?…Ci facciamo quattro passi?" -
- "Veramente sono stanca…" -
era quello che volevo sentirmi rispondermi?
- "D'accordo, allora montiamo in macchina, ci facciamo un giro!" -
- "Fra un'ora al massimo devo essere a casa, domani devo andare a scuola!" -
- "Non peoccuparti, ti assicuro che domani arriverai in orario a scuola…"
- accorgendomi di aver assunto l'atteggiamento di un vecchio pedofilo professionista, mancava soltanto che sbavassi sfregandomi con foga le mani.
- "Dai non scherzare…!!!" - mostrandomi il polpaccio nell'atto di accomodarsi sul sedile accanto al mio. Presi il frontalino dell'autoradio, osservando nuovamente la scatoletta di latta contenente i due preservativi, lo piazzai al suo posto e le dissi: - "Adesso puoi ricominciare a saltellare da una stazione all'altra!" -
Lei ci rimase malissimo, non aggiunse niente, ma mi guardò spaventata. Io, passati i primi cinque minuti di silenzio e di Gianna Nannini, inserii la cassetta dei Beatles. Sfioravo a malapena i 50Km/h, di tanto in tanto lampeggiavo agli incroci e con la mano destra battevo il tempo sul pomello del cambio. Senza volerlo, su Get Back, le sfiorai la gamba, facendola sussultare nervosamente. Da quando eravamo saliti in macchina non aveva professato parola, mi osservava di sbieco facendo finta di gradire la musica dei quattro.

- "Scusami, non l'ho fatto di proposito!!!" -
- "No, non preoccuparti..." -
- "Io non mi preoccupo mica, è che non voglio passare per uno dei tanti…maleducati"
- avrei voluto avere una minitelecamera posta nell'abitacolo dell'autovettura e gustarmi l'indomani mattina tutta la scena, ma fui improvvisamente interrotto da una sua frase,
- "Tanto lo so che vorresti scoparmi!" -
- "Ma non una volta sola!!!" - uscendo le parole con un suono davvero sexy e stupido, tutto molto velocemente.
Rallentai ancora di più, passando dalla quarta alla terza, stavolta appositamente sfiorandole la gamba.
- "E' che sto uscendo da un periodo di merda… mi sono appena lasciata con il mio ragazzo, un mese fa!" -
- "Allora è meglio che ti riaccompagni a casa, tanto mi devi un drink!!!" -

Rise, mantenendo intatta la sua volgarità da bambina cresciuta solo in alcuni punti.
- "Hai un modo strano di trattare le donne tu…" - spiazzandomi un po'.
Avevo inserito la quinta marcia e stavo macinando chilometri in direzione di casa sua. Si era alzato uno strano vento caldo, o forse era il fumo della sua sigaretta troppo leggera per sapere di tabacco.
- "Un giorno potrebbe piacerti" - le dissi;
- "Mi piace già adesso…!!!" - allargando le labbra e facendomi veder la lingua fra una nuvola di fumo bianco. Mi riproposi di darci un taglio a questo tira e molla del cazzo, accelerai con sicurezza ed accennai una strofa di Back in U.R.S.S..
I restanti cinque minuti di macchina li passammo parlicchiando dei nostri tipi ideali di partner; provai più volte la piacevole tentazione di dirle - "Mai una come te!!!" -.
Fui educato.
Le squillò il cellulare, stranamente rimasto muto per tutta la serata. Riconoscendo il numero di casa sua non rispose alla chiamata, ma disse - "Minchia!!!" -.
- "Che c'è qualche problema?" -
- "Mio padre mi rompe il culo!!!" - .
Pensai al suo culo, alle sue braccia un po' troppo pelose, al tipo di peluria del pube e nuovamente al suo culo.
Diedi ancora più benzina, districandomi abilmente nelle curve buie della Panoramica. Presto arrivammo sotto il cancello automatico di casa sua. Non vedevo l'ora che se ne andasse! Il cancello si aprì cigolando leggermente, lei aveva fretta di farsi rompere il culo da suo padre, io avevo fretta di tornarmene a casa per iniziare a leggere il libro di W. S. Burroughs arrivatomi la mattina stessa. La fretta era l'unica sensazione che ci aveva accomunato quella sera, e anch'essa stava per svanire.
Spensi la radio, voltandomi verso di lei. Mi mise una mano fra i capelli, mi baciò sulle labbra e disse - "Scusami!" -.
Sulle mie labbra era rimasta una patina gelatinosa fastidiosissima, ma dovetti resistere dal passare disgustatamente il polso su di esse.
- "Dai, ci si vede un'altra volta?" -
- "Puoi contarci!!!" -
- "Allora alla prossima…" -.
Aprì lo sportello facendo accendere la luce interna e mi concesse per l'ultima volta il piacere di studiarle il culo. Scesi anch'io dalla macchina, senza giubbotto e senza poggiarle la mano sulla schiena, la seguii quasi accanto mentre il cancello stava iniziando la sua lenta manovra di chiusura.
Lei si voltò illuminata a scatti dal lampeggiare della sirena gialla posta sul muro, disse qualcosa che non capii e attraversando l'invisibile raggio fra le due cellule fotoelettriche fece riaprire il cancello.
La seguii con lo sguardo fin dentro al portone, convincendomi dei suoi fianchi troppo larghi, e di come mi sarebbe piaciuto cavalcarli.
Se avessi avuto delle sigarette già fatte ne avrei volentieri fumata una ma rollare era l'ultima cosa di cui avevo voglia.
Infreddolito risalii in macchina, accesi la radio togliendo la cassetta dei Beatles e misi in moto. Partendo mi scappò un sorriso di riflessione, ma nessun pensiero ne esaltò la portata sarcastica.
Avevo fatto una grande cazzata a scegliere l'edizione lusso con copertina rigida.


 




Graziano Delorda ci ha inviato come biografia questo testo: "Moto, godo, nuoto, mare, sole, solo, bevo, 30 anni, lo Stretto di Messina, suono, ssshhhh, i Soci, oh Soci, scrittore coi coglioni, sono."



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