SENZA TITOLO

Mara Masolini



I santi lo avevano dimenticato da tempo e, per la verità, pure lui li aveva accantonati.Li aveva gettati alla rinfusa in un bugigattolo buio in cui evitava accuratamente di mettere il naso.Non fosse stato che di tanto in tanto, ogni qualche volta, gli usciva quell’esclamazione , “ Sant’Antonio benedetto,, , ed era più un’imprecazione che una preghiera.Sarà stato anche per via di quell’immaginetta di Sant’Antonio, poco più grande di un santino, che lo sogguardava benedicente dal capezzale del letto.Era un Sant’Antonio giovane , dall’aria estatica, il volto proteso al cielo, le mani a palme rialzate. Un Sant’Antonio circondato, circonfuso di rigogliosi, carnosi gigli bianchi.”Un ‘immaginetta da kitsch devoto lezioso,, l’aveva definita Fabio______” Un segno che ti ricordi ancora della nonna,, gli aveva detto sua cugina Beatrice.

Lui da giorni non usciva più di casa.Da quella sera che s’era fatto fare in tutta fretta un certificato di malattia per esaurimento nervoso.Era arrivato nello studio medico tutto trafelato, l’occhio sconvolto/strabuzzato/arrossato, la barba di tre giorni.Non aveva dovuto fare nemmeno un’oncia di fatica a convincere il dottore ,che almeno un’occhiata, una mezza occhiata, via, preoccupata gliela aveva elargita.Era stata appena un accenno,ma per un momento se n’era uscito dalla consueta, irremovibile, beata imperturbabilità del suo nemmeno tanto ragguardevole sguardo clinico.

Zap zap sul telecomando , e passò da uno spettacolo di canzonette berciate ,con ballerine scosciate danzanti a un TG. Aumento del prezzo del greggio________rischio inflazione_____rischio recessione .La voce gli rimbombava nelle orecchie. _____Una recessione dalle conseguenze devastanti, incalcolabili________restava solo da stabilire quando sarebbe arrivata la recessione.

Zap, zap e sullo schermo apparve la faccia, ascetica e minacciosa di Bin Laden. La minaccia , imperscrutabile, indefinibile, stava nella lunghezza di quella sua faccia smorta, esausta, e nella barba, nella barba lunga e grigia, terminante a punta. Sullo sfondo, a fare da contrappunto allo sguardo scuro e triste di Bin Laden______perché quello di Bin Laden era uno sguardo triste_____montage rocciose con grotte. DOVE SI NASCONDE BIN LADEN? ____era la domanda del servizio.

Si guardò intorno nella stanza. Lui si trovava quasi al centro, scivolato ai piedi del divano. Il rubinetto sgocciolava, un vetro della finestra era rotto e lui non l’aveva nemmeno rabberciato col cartone e con lo scotch.Non aveva nemmeno raccattato le scaglie di vetro. C’erano giornali calpestati e piatti sporchi , bottiglie rovesciate, bicchieri rotti e forchette unte sul pavimento. C’era tutt’intorno un odore di rancido e di muffito. Lui s’infilò il naso nel collo del maglione e annusò.Emanava un tanfo acre dolciastro, l’acre terruginoso della pelle sudata , del sudore accumulato su altro sudore. E un dolcigno stucchevole, come di cipolla fritta, ma doveva essere una sedimentazione degli effluvi di alcool. E c’era anche quell’odore attanaglia respiro, un odore grumoso di fumo, il fumo denso di una legna verde che bruciasse con fatica. Da quando Fabio se n’era andato lui non era più riuscito a mangiare. Aveva masticato qualche caramella e ingollato noccioline salate.E aveva bevuto, bevuto abbondantemente. Aveva cominciato con un vinello dei colli romani, morbido e leggero, per poi passare a un lambrusco corposo e scoppiettante. Le bollicine che gli si scioglievano in bocca, che gli si aggrumavano in gola gli ricordavano i baci di Fabio.Finito il lambrusco aveva scolato barbera, forte e asciutto. E col barbera la mancanza di Fabio si era fatta sentire più forte. Era un pugno nello stomaco, una sferzata a tutte le interiora. Per passare infine al whisky che esasperava la mancanza, che la rendeva qualcosa di definitivo, di irreversibile, di perentorio. Era come un suggello il whisky di quella perdita, di quella sconfitta. Era come se ogni sorso gli dicesse: “ NON TI RESTO CHE IO, non ti resta che affogare i tuoi dolori, i tuoi derisi languori nella mia fiamma ardente e prosciugante,, Non era più riuscito a dormire, chè non si poteva chiamare sonno quel suo cadere stordito di tanto in tanto .Sentiva i muscoli indolenziti e un frullio di ali metalliche nella testa. Non aveva di certo pensato a lavarsi. Se n’era stato per la maggior parte del tempo davanti alla TV, seduto sul pavimento, a piedi scalzi.Indossava gli stessi jeans stropicciati e la stessa felpa di quel giorno che Fabio l’aveva lasciato.Perché Fabio se n’era andato.Per sempre.Era tornato al paese suo, in Sicilia. Di tutte le parole che c’erano state fra loro gli era rimasta conficcata in testa, inchiodata nel cuore, e ogni volta che la riascoltava era come se un martello picchiasse forte su quel chiodo che mandava scintille, gli era rimasta quella frase con cui il ragazzo se n’era ad un certo punto uscito, crudele nella sua sfrontatezza giovanile, spietato nella sua supponenza ignorante______” Cosa vuoi_____si vede che io non sono una checca come te___________,, Ne sapeva assai di checche uno come Fabio, col suo mondo da bravo bambino istruito, con le sue aspirazioni da ragazzo perbene, un lavoro, una famiglia, dei figli. Fabio che quello che c’era stato fra loro, TUTTO quello che c’era stato fra loro, era da relegare in un tempo folle, folle ma limitato, di dissennatezza, di stravaganza e di trasgressione giovanile. E invece per lui Fabio era stato l’incontro della vita, era stato la persona che aveva aspettato una vita, quella che subito aveva riconosciuto quando l’aveva incontrata, chè da lontani tempi ricorrenti, da lontani tempi immobili loro due dovevano andare cercandosi.

Come si sentiva intorpidito ora, raggrinzito, teso come un panno ad asciugare tenuto su con gli spilli.Si distese supino sul pavimento, le braccia le gambe allungate, allargate , e continuava a smuovere gambe e braccia e spalle, a farle sussultare, nella vana ricerca di una posizione che gli desse sollievo. Aveva proprio bisogno di dormire, di sprofondare in un’interminabile dormita. Basata con i crampi allo stomaco e con l’avvitortolio di budella, basta con i muscoli intirizziti e con la testa che martellava, sempre sul punto di scoppiare. E c’era quel tictac sordo e stremato del suo cuore e le parole amare che gli bruciavano in bocca.. Dopo sarà un altro giorno, si disse. Dopo che avrò dormito.L’impiantito gli sembrò all’improvviso freddo e duro , sembrava fosse diventato appuntito e gli si conficcasse nei fianchi, gli scorticasse le spalle. Doveva far lo sforzo di mettersi in piedi e di raggiungere il letto. Con le mani aggrappate al pavimento si dette una spinta per rizzarsi a sedere. La testa gli sobbalzò sul collo come una molla, gli cadde sul petto che si sentì squassare da un singhiozzo. Un liquido rancido e vischioso gli riempì la bocca.Quando girato di fianco, una mano poggiata sul pavimento, provò ad alzarsi in piedi, la stanza cominciò a vorticargli intorno.Sembrava tagliata in tante porzioni verticali che si serravano, si avvitavano intorno a lui.La vista gli si annebbiò e stramazzò a terra nel suo vomito appiccicoso. La porta della sua camera era aperta, il letto era lì, a pochi passi. Lui decise di raggiungerlo carponi , strisciando . “Come un cane, anzi come un gatto,, pensava mentre avanzava a testa bassa. “ Sant’Antonio benedetto , ci sta un diavolo sotto al mio letto,, cantilenò con la voce strozzata. Raggiunto il letto con un’ultima sdrucciolata in avanti delle ginocchia, vi premette il torace di lato e, afferrando con le mani il fusto ,riuscì a mettersi in piedi.Dopo di che si lasciò cadere di traverso.Gli sembrò di rimbalzare e il plof sul materasso fu un attimo di sollievo. A occhi chiusi, le palpebre strizzate, ora vedeva tante lucine fitte fitte che si muovevano lasciandosi dietro una scia fosforescente. Due di quelle lucine cominciarono a ingrandirsi, gli si fecero più vicine________Erano, ma sì, degli occhi.Occhi luminosi, sorridenti che lo guardavano con tenerezza. “ SONO QUI____SONO QUI CON TE______non mi senti, non mi vedi,, Di chi erano quegli occhi? Non potevano,no, essere gli occhi di Fabio_______O forse sì invece. Gli occhi si ingrandirono, facendo buio intorno a loro, come avessero mangiato quei puntini di luce, fiammeggiarono di giallo incendiandosi e si spensero .Ora rimaneva un cerchio di buio circondato da spille di luce. Nel cerchio di buio apparve il Sant’Antonio benedicente. Nella piega delle labbra Sant’Antonio sembrava Fabio, e anche nelle guance lisce, dal contorno morbido, e nelle sopracciglia rigogliose. Gli occhi però non erano gli occhi di Fabio. Quegli occhi dolci, marroni________ma sì______erano gli occhi di sua madre. Sono qui con te ________diceva sua madre. Sono qui con te _______diceva Sant’Antonio. Sono qui con te_______diceva anche Fabio. Le voci erano suadenti, rassicuranti , e lui scivolò via con loro. Era passato un tempo incalcolabile quando si ridestò. Era buio. Lui annaspò, frugò, tastò con le mani attorno a se’, premette il corpo per cercare di raccapezzarsi dov’era.Su un letto, probabilmente, ma dove? Aveva la sensazione di trovarsi in un posto sconosciuto. Avrebbe voluto gridare, che lo aiutassero a uscire, che lo aiutassero a trovare la strada di casa.Guardò a occhi sbarrati intorno a se’. Buio. Sentiva un ticchettio, come di un orologio. Da un tremolio appena di luce alla sua sinistra ravvisò nel buio la sua stanza. Dormire aveva dormito.Non sapeva quanto. Ma era davvero un altro giorno?C’era qualcosa che gli mancava, che gli mancava terribilmente. La sentiva come un vuoto rumoroso dentro di se’ quella mancanza. Avrebbe avuto bisogno di un aiuto, anche piccolo piccolo, per ripartire. No, niente alcool. Decise per il caffè e ne bevve tre tazze. Fu quando si ritrovò davanti allo specchio intento a radersi_______via quella brutta barbaccia brizzolata___________proprio lui doveva farsela crescere, convinto com’era che la barba la portassero quelli che sentivano il bisogno di nascondere la faccia________Lì davanti allo specchio, davanti ai suoi occhi straniti, acquginosi, gli venne in mente l’anello.Ecco di cosa aveva bisogno.Di guardarlo, ma soprattutto di stringerlo, di serrarlo nel palmo della mano fino a farsi male, fino a sentirlo entrare nella carne. Era un piccolo anello d’oro dal cerchio sottile, nel castone aveva collocato un pesciolino di giada col dorso curvato, più azzurro che verde. Si trattava di giada siberiana. Era piccolo, lui a malapena avrebbe potuto infilarselo al mignolo, ma la sua presenza lo confortava, lo rischiarava. Il pesciolino era morbido, perfino untuoso al tatto, a lisciarlo dava l’impressione di sciogliersi. Fabio lo chiamava Pomicino. Il cuore gli dette uno strattone quando aprì la scatolina che doveva contenerlo e vide che era vuota. Era un piccolo portagioie di legno intarsiato. La teneva nell’ultimo cassetto dell’armadio, fra i fazzoletti accuratamente ripiegati. La scatolina era al solito posto, era chiusa , ma l’anello non c’era. No, non può mancarmi proprio ora che ne ho un bisogno così urgente, si disse, torcendosi le mani, graffiandosi la faccia. E subito si mise ad alambiccare, cominciò il rovello : “ Dove sarà finito?,, Non voleva mettersi a cercarlo a casaccio.Doveva ricordare .Quand’era l’ultima volta che l’aveva visto al suo posto? E l’ultima volta che l’aveva stretto in mano? Niente. Non ricordava.Tastò la scatolina, vi tenne le mani premute sopra, l’aprì e mise le punta delle dita dentro la cavità che aveva contenuto l’anello. Doveva sentirlo, visualizzarlo, prima di mettersi a cercarlo. Ecco, ora lo sento fra le mie dita, lo vedo. Dov’è? Lo vedeva su una superficie bianca, non riusciva a stabilire se quel bianco era liscio o poroso. Lo cercò tastando millimetro per millimetro sul pavimento della stanza , e poi nel mobiletto del bagno, che erano bianchi.Disfece il letto e frugò fra le lenzuola, aprì le federe, sprimacciò i cuscini. Niente. Si sentiva dilaniato dalla perdita dell’anello. Era la perdita di quell’oggettino che gli bruciava ora, gli sembrava che di Fabio, al confronto, non gli importasse più nulla. Doveva solo ritrovare l’anello e stringerlo, serrarlo fra le mani. Tutto sarebbe stato a posto, non avrebbe più sentito nessuna mancanza.Tornò alla scatolina. Mani premute nel covo dell’anello, occhi chiusi. Ora tutt’intorno all’anello evocato vedeva buio, buio come di notte fonda. E se il mio pesciolino fosse finito nello scarico del water? Pensò con un tuffo al cuore.Era sudato : Aprì la finestra.Una folata d’aria fresca, umida, gl’investì la faccia. Guardò il cielo davanti a se’. Vicino all’orizzonte descriveva una curva morbida la lucina di un aereoplano. Si accendeva e si spengeva. Buttò la testa all’indietro. Le stelle sembrarono rovesciarglisi addosso. In alto lassù, fra la casa di Cepheus e Cassiopea_______quella stella piccina che guizzava, fremeva_______aveva un aspetto a lui familiare______sembrava volesse raggiungerlo d’un balzo. Poteva essere, ma, anzi, era il suo pesciolino. Luminoso come non mai. Luminoso e lontano. Troppo lontano per stringerlo in pugno.


Mara Masolini: Sono nata nel 1955 ,in provincia di Firenze. Ho studiato filosofia, senza mai laurearmi. Dipingo fin da quando ero giovane, Però__________è vero che ho sempre voluto scrivere, e ci ho provato, a più riprese. Ho trovato il master della Sagarana  molto utile anche per sbloccarmi.Ora spero di farcela a scrivere, anche se quello che scrivo non mi piace.






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