La Lavagna Del Sabato 10 Gennaio 2009


L’IDEOLOGIA COME FORZA MATERIALE


– Brani tratti dal saggio Psicologia di massa del fascismo: Come nasce e perché si diffonde il misticismo organizzato


Wilhelm Reich





(…) Nel periodo di rapido declino dell’economia tedesca del 1929-1932 avviene il grande balzo della NSDAP che dagli 800.000 voti del 1928 salta a 6,4 milioni di voti nell’autunno del 1930, a 13 milione nell’estate del 1932 e a 17 milioni nel gennaio 1933. Secondo un calcolo di Jager (Hitler, “Roter Aufbau”, ottobre 1930) già i 6,4 milioni di voti nazionalsocialisti comprendevano circa 3 milioni di voti di lavoratori, di cui il 60-70% era costituito da impiegati e il 30-40% da operai.

A mio avviso, nessuno meglio di Karl Radek ha compreso l’aspetto problematico di questo processo sociologico già nel 1930, dopo il primo scatto in avanti della NSDAP; infatti scrisse:


“Nulla di simile è mai avvenuto nella storia della lotta politica, soprattutto in un paese con un’antica differenziazione politica dove ogni nuovo partito deve lottare duramente per conquistare un posto al tavolo già occupato dai vecchi partiti. Non vi è nulla di più caratteristico del fatto che di questo partito, che occupa il secondo posto nella vita politica tedesca, non sia stato detto nulla né nella letteratura borghese né in quella socialista. E’ un partito senza storia che affiora improvvisamente nella politica della Germania, così come in mezzo al mare sotto la spinta di forze vulcaniche improvvisamente emerge un’isola”.


Non abbiamo alcun dubbio che anche quest’isola abbia la sua storia e possieda una sua logica interna.

La soluzione dell’alternativa marxista “decadenza nella barbarie” o “ascesa al socialismo” dipendeva, in base alle riflessioni formulate fin qui, dalla soluzione del dilemma della struttura ideologica delle classi dominanti. O questa struttura, infatti, era in armonia con le condizioni economiche di tali classi oppure era indipendente dalle condizioni economiche stesse: e questo sia come avviene nelle grandi società asiatiche, dove si verifica una forma di sopportazione passiva dello sfruttamento, sia come avviene appunto oggi in Germania, dove l’ideologia della maggioranza degli oppressi è in contrasto con le condizioni economiche dei medesimi.

Il problema fondamentale sta dunque in ciò che determina il divario appena descritto, ovvero in ciò che impedisce che la condizione economica e struttura psichica delle masse coincidano. Quindi si tratta di afferrare l’essenza della struttura psicologica di massa e il suo rapporto nei confronti della base economica da cui è scaturita.

Per comprendere questo, dobbiamo prima di tutto liberarci dalle concezioni del marxismo volgare che impediscono la comprensione del fascismo. Sostanzialmente sono le seguenti:

il marxismo volgare separa schematicamente l’esistenza economica dall’esistenza sociale in generale e sostiene che l’”ideologia” e la “coscienza” degli uomini vengono direttamente e unicamente determinate dall’esistenza economica. Così si arriva a una contrapposizione meccanicistica tra economia ed ideologia, fra “base” e “sovrastruttura”; il marxismo volgare rende l’ideologia dipendente in modo schematico e unilaterale dall’economia e non si rende conto che lo sviluppo dell’economia dipende anche dall’ideologia. Per questo motivo il marxismo volgare non riesce a comprendere il problema della cosiddetta “reazione dell’ideologia”. Sebbene parli del “ritardo del fattore soggettivo”, così come lo intendeva Lenin, non riesce a risolvere in pratica questo ritardo perché lo ha fatto scaturire in modo unilaterale dalla situazione economica senza cercare in primo luogo le contraddizioni dell’economia nell’ideologia, e in secondo luogo senza comprendere l’ideologia come forza storica.

Infatti si oppone alla comprensione della struttura e della dinamica dell’ideologia, liquidandola come “psicologia” “non marxista”, e lascia che il fattore soggettivo, la cosiddetta “vita psichica” nella storia, venga impiegato dall’idealismo metafisico della reazione politica, dai Gentile e Rosenberg, secondo i quali sono soltanto lo “spirito” e l’”anima” a fare la storia, teoria con cui ebbero stranamente un immenso successo. Il fatto di trascurare questo lato della sociologia è un modo di procedere che già Marx a suo tempo criticò in linea di massima nel materialismo del XVIII secolo. Per il marxista volgare la psicologia è a priori un sistema metafisico ed egli non pensa nemmeno di separare il carattere metafisico della psicologia reazionaria dai suoi elementi fondamentali che vengono scoperti dalla ricerca rivoluzionaria psicologica e che noi dobbiamo continuare a sviluppare. Egli condanna anziché svolgere una critica produttiva, e si sente un “materialista” quando condanna fatti come “pulsione”, “bisogno” o “processo psichico” come “idealistici”. Con questo modo di fare viene a trovarsi in una situazione estremamente difficile e non raccoglie che insuccessi perché è costretto a dover applicare nella pratica politica, continuamente, la psicologia pratica e a parlare dei “bisogni delle masse”, della “coscienza rivoluzionaria”, della “volontà di scioperare” ecc. Ora, più nega la psicologia e più si trova a fare dello psicologismo metafisico e anche di peggio, come il coueismo sterile, spiegando per esempio una situazione storica con la “psicosi hitleriana” o consigliando alle masse di avere fiducia, che nonostante tutto si va avanti, che la rivoluzione non può essere soffocata ecc. . Infine, finisce per istillare coraggio in modo illusorio senza dire in realtà qualche cosa di concreto sulla situazione, senza comprendere ciò che è successo. Il fatto che per la reazione politica non esista mai una situazione senza via di uscita, che un’acuta crisi economica possa portare sia alla barbarie che alla libertà sociale, rimarrà sempre incomprensibile per lui. Anziché far derivare dalla realtà sociale pensieri e fatti, egli trasforma nella fantasia la realtà conformemente ai suoi desideri.

La nostra psicologia politica non può essere nient’altro che la ricerca di questo “fattore soggettivo della storia, della struttura caratteriale degli uomini di una determinata epoca e della struttura ideologica della società che essa forma. Essa non si contrappone, come la psicologia reazionaria e l’economia-psicologismo, alla sociologia marxista, opponendole una “concezione psicologica” della socialità, ma si subordina e si allinea in un punto preciso alla sociologia che fa derivare la coscienza dall’essere.

La frase di Marx che ciò che è “materiale” (l’essere) nel cervello umano si trasforma in “ideale” (in coscienza), e non viceversa, lascia aperte due questioni: primo, come avviene questo, e cosa accade

“nel cervello umano”, e secondo, in che modo influisce la “coscienza” che si è creata (d’ora in poi parleremo di struttura psichica) sul processo economico. La psicologia analitico-caratteriale colma questa lacuna rivelando il processo della vita psichica umana che dipende dalle condizioni dell’esistenza. In questo modo essa afferra il “fattore soggettivo” che il marxista non comprende. La psicologia politica ha dunque un compito rigorosamente circoscritto. Essa non può spiegare per esempio la nascita della società divisa in classi o il modo capitalistico di produzione (nel caso tenti di farlo, il risultato è regolarmente un non-senso reazionario, per esempio che il capitalismo è una manifestazione dell’avidità degli uomini). Invece solo essa è in grado – e non la socioeconomia – di scoprire come l’uomo è strutturato caratterialmente in una determinata epoca, come pensa, agisce e come si manifestano in lui le contraddizioni della sua esistenza, come tenta di risolvere i problemi di questa sua esistenza ecc. . Però essa esamina soltanto il singolo individuo. Ma quando essa si specializza nell’esame dei processi psichici tipici e comuni a uno strato, una classe, un gruppo professionale ecc., lasciando da parte ciò che differenzia ogni individuo dall’altro, allora diventa psicologia di massa (…)



(Brani tratti da Psicologia di massa del fascismo di Wilhelm Reich – traduzione di Furio Belfiore e Anneliese Wolf, Arnoldo Mondatori Editore, Milano, impresso nel mese di aprile 1974 presso le Arti Grafiche delle Venezie di Vicenza.)


Wilhelm Reich: La sua città natale si trova nella parte della Galizia polacca attualmente in Ucraina, che all'epoca era ai limiti orientali dell'Impero austro-ungarico. La famiglia di Reich era benestante, e pertanto il padre poteva permettersi di non far frequentare le scuole pubbliche ai propri figli, preferendo fossero seguiti da un tutore privato; all'epoca questa scelta non era vietata dalle leggi di Stato. I Reich erano di origine ebrea, ma non diedero una educazione religiosa ebraica, né appartennero mai ad alcun movimento religioso, educando i figli alla libertà di pensiero. Nel 1910, quando Wilhelm aveva solo tredici anni, raccontò al padre della relazione tra il proprio tutore e la madre, che forse per questo si suicidò. Quattro anni dopo morì anche il padre e Wilhelm si fece carico, diciassettenne, di gestire l'impresa familiare ed i possedimenti agricoli. La guerra gli porterà via tutto. Dopo la guerra si iscrisse a giurisprudenza, ma poco dopo cambiò facoltà e passò a Medicina (sempre presso l'Università di Vienna) ove si laureò nel 1922 dopo quattro anni di corso anziché sei, come era consentito ai reduci di guerra. In questo periodo mantenne il fratello minore (che morirà ventiseienne) dando ripetizioni universitarie. Al secondo anno di questo cursus studiorum, nel 1919, ebbe l'idea di organizzare un seminario di sessuologia, ritenendo che la materia fosse il punto debole della facoltà ed invitò, tra gli altri, alcuni psicoanalisti. Nello stesso anno, grazie alla stima che dimostrò per lui Paul Federn, divenne membro della Società Psicoanalitica di Vienna (fondata da Freud, Adler, Kahane, Reitler e Stekel) e già dal 1919 iniziò a trattare pazienti. Nel 1922, anno della laurea, sposò Annie Pink, un'altra famosa psichiatra, inizialmente sua paziente come il discepolo Alexander Lowen; iniziò a lavorare nella Clinica Psicoanalitica fondata da Freud nel medesimo anno. Tra il 1924 ed il 1930, ormai professore, insegnò all'Istituto di Training Psicoanalitico di Vienna. Nel 1925 pubblicò un libro (Il Carattere Pulsionale) sulla psicopatologia dell'io in cui confrontava un panel di nevrotici con inibizioni pulsionali con uno composto da soggetti pulsionalmente disinibiti (affetti cioè da disturbi borderline). Fu qui che per la prima volta si accorse che alcuni problemi potevano avere una relazione con la condizione sociale dei pazienti (Cfr. Erich Fromm). La stima di Freud per Reich aumentò incondizionatamente fino al 1927, anno della sua iscrizione al Partito Comunista e della pubblicazione del libro "La funzione dell'orgasmo" che poneva Reich in contrapposizione con i colleghi, tutti appartenenti alla borghesia, come la propria famiglia di origine. In questo periodo maturò in Reich la convinzione che vi sia un nesso tra repressione sociale e repressione della sessualità (Cfr. Marcuse), differenziandosi in questo da Freud, che non si interessava all'aspetto sociale delle nevrosi, limitando il campo di terapia all'individuo affetto dalla patologia specifica. Negli anni Trenta Reich sostenne di aver scoperto un'energia cosmica durante i suoi studi sull'orgasmo nell'ambito della psicologia, e la chiamò per questo orgonica, supponendo che fosse contenuta nell'atmosfera e nella materia vivente. In mancanza di prove sperimentali, questa sua opinione non fu mai accettata dal mondo scientifico. Quando una sua opera pubblicata nel 1933, Massenpsychologie des Faschismus (Psicologia di massa del fascismo), fu messa al bando dai nazisti, Reich decise di fuggire dall'Austria e si trasferì nel 1939 negli Stati Uniti d'America, dove continuò le sue ricerche sperando di trovare una cura per malattie incurabili come il cancro. Nel 1947, a seguito di una serie di articoli sull'energia orgonica pubblicati su The New Republic e Harpers, la Food and Drug Administration (FDA), iniziò a investigare sulle affermazioni di Reich in merito alla terapia orgonica, di cui impedì la promozione come trattamento medico. Tra il 1947 e il 1951 condusse il progetto ORANUR. Processato per aver violato il divieto, della FDA, Reich si difese da solo, inviando al giudice tutte le proprie pubblicazioni; alla fine fu condannato a 2 anni di reclusione. Nell'agosto del 1956, secondo alcune fonti, i suoi appunti furono bruciati dalla FDA. Reich morì in prigione per un attacco cardiaco un anno dopo, il giorno prima del suo rilascio.



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