LA BARAONDA FEROCE


Louis Ferdinand Céline

 



(...) Nel mio pastrano stavo bello zuppo, era veramente atroce per i miei esordi militari. Un'arrancata così penosa di sassi in pozzanghere, nel buio, sotto torrenti di acqua fitta. Si sono costeggiati ancora dei muri. Le mie barche erano sin troppo leggere per lottare contro i ciottoli. prominenti come paracarri, accavallati, terribili. Mi ci incagliavo dentro, inciampavo, sono caduto due volte. Mi sforzavo lo stesso di andare dietro, alla cadenza "Eùnn! Duè! Eùnn! Duè!"

Le Meheu ci spronava. Ci scortava con la lanterna, a grandi oscillate, lungo tutta la fila, e poi insieme pieno di commenti, di impagabili facezie.

- Dì su la burbaglia, ti piace mica questo, il giro del gatto nero! Gatto bagnato! Gatto crepato! Non ci sguazzi nelle suole? Non ti piace il quartiere la Trémouille ? E' no una pista su misura? Eh bel sorriso? No? Di' tristezza? Noti niente la qualità? Ci hai mica il culo d'argilla di' delle volte? Ancora non scappi via? Vai poi a spaccarti la faccia! Aspetta! Aspetta! La cadenza! Destra! Destra! Vedrai col giorno! Il tuo culo per le briciole! Oh! Oh!oh! - E tutti quanti si sbellicano.

- E' l'imbottitura a proiettile! Garanzia del Governo. Ci arrivi su esisti più! Ti sei portato dietro l'attaccatutto?

Ci rimetteva alla cadenza a colpi di strangozzi urlati grassi . Oàch.oàch !.. Questo interrompeva la sua musica.

- Hai mica finito la polca!.. Vai a sbucciarti i ginocchi vagabondo!.. E come poi farai al maneggio? Eùnn! Duè!.. Già così non sta su in piedi. Va a cagare dappertutto!.. Pietà! Miserabile! E' questo che ci mandano! Da Parigi?.. Eùnn! Duè! Li digerisce mica il capo i venduti! Che ci ha proprio ragione! Merda! Sta roba puzza pestilenziale! Oech! Oech! C'è il caso allora che caschi giù a piombo! Avanti le cappelle! Per l'addestramento cazzo di mosca! Le staffe sull'incollatura! Tutto fuoco nel suo culo! Al fuoco! Al fuoco! Il culo a polpetta! E' perito per il suo didietro! Il povero rogna d'arruolato! Le natiche in avanti! Maledetto caccasecca! Al pomo voglio vedere! Inarcare! Il tizio che si monta sui coglioni lo spedisco dritto alla Corte! S'è afferrato? Eùn! Duè! Eùn! Duè! Fino a crepare! Su per aria le cosce! Per aria! Mi mandano in bollore! Mi ammazzano sti zulù! Seduti! Niente più chiappe al plotone! Buonanotte!

Lo capivo mica tanto bene. Ci si è sballottati così in questo modo da una costruzione all'altra sotto lo scroscio delle grondaie. Ancora altre scuderie. Una tempesta dentro negli interni. Delle raffiche, dei colpi di ciabatta. Tutti i panconi in volteggio. La baraonda feroce. Bam! Dam! Vrang! Qua si smetteva mica di sferragliare. di scaravoltare tutta la mangiatoia. le tavole. le catene. i finimenti. tutta la baracca in burrasca.

Un vero serraglio furioso. Si è rimasti lì un momento sotto i battenti delle finestre. La pioggia ha smesso appena un poco.

- In fila! In fila! Mangiaburro!
Si è ripartiti lungo la canaletta. Le Meheu non parlava più. Incespicava, carambolava, vogava, sacramentando da una gobba all'altra. la sua lanterna a zigzag. Ecco qua un ciclone che vien giù sparato. Vlop! Po! Dop! Vlop! Po! Dop! In pieno nel nostro mucchio. Una carica. Si resta inchiodati. Ci passa in mezzo. Lo vedo alla lanterna. un lampo. Volava. Era più un cavallo. toccava più terra. Da vertigine che ci ha segati. Yop! Po! Dop!.. Tagadàm! Tagadàm! Era lontano.

- Hai visto tutto sto scavallare burbaglia? Vuoi mica riacchiapparcelo? Di'?

 

- Ehùnn! Duè! Ehùnn! Duè! Garretto da fenomeni! Ehùnn! Duè! Ehùnn! Duè!

Si è ripartiti nella cadenza, incespicando gli uni sugli altri.

Dopo i tetti, dopo l'orologio, si scorgevano bene adesso gli alberi tutt'in alto, dei giganti. Il cielo riportava su le nuvole, tutt'a pezzi, squarciate, grigie. Le raffiche arrivavano di furia, piene di foglie, ci turbinavano tra i piedi, spazzavano tutta la spianata, tutta la distesa, tutte le ombre.

A poco a poco ci si abitua, si sgranano gli occhi per vedere più lontano, ancora delle costruzioni più grandi. dei battenti di finestre. delle scuderie. ancora dei muri e delle caserme. tutt'intorno a una pozza immensa, tutta nera, tutta nella notte, caduta lì così. acquattata in uno sfondo, infido, tra le cose. Era uno spazio enorme grande almeno ci avrei scommesso come tutta la Place de la Concorde. Ancora un cavallo che schizza al triplo galoppo. Si precipita. ci sorpassa ventre a terra. Un bolide. Tagadàm! Tagadàm! Tutto bianco che era questo qui. a folle cadenza che si scapicolla. la coda tutta rigida, a cometa, tutta compatta dalla velocità.Ha quasi portato via la lanterna. spenta al passaggio. Tagàdam! Tagàdam! E che io ti riacchiappi.

- Puttanaio! Si sono imbudellate delle cartucce le rozze maledette ! Ciànno l'inferno al culo le porcaccione! Che è ancora la colpa delle cappelle! La morte delle guardie di scuderia! L'odore di burba che dà il voltastomaco! Se la battono le cavalcature! Sono mica matte! Marciume del genere! Mi capisci te balordo?

Vedevo che ero considerato. Si è arrivati, a forza di carambolate, di spintoni nella colonna, "Eùnn! Duè! Eùnn! Duè!" ansanti, frastornati, fin sotto a un gran lampione, una posterla sul retro di un vicolo.

- Cavalleggeri. alt!

Allora c'è stato conciliabolo tra gli anziani. discussione ancora. poi decisione.

- Te Kerdoncuf! Arma in spalla! Direzione la polveriera! Andrai a dare il cambio all'uomo! Hai capito? Chi va là? La conosci la parola?

Kerdoncuf proprio non la conosceva.

- Ma come? Ma come! Non la conosci?

Questa sì che era enorme! Ci soffocava Le Meheu. Trovava più i suoi insulti. Aveva voglia ad agitargli la sua lanterna in piena faccia per fargli tornare la parola. Questo, l'ha fatta mica ritrovare però. Ruminava feroce, mugugnava Kerdoncuf nelle profondità del bavero. ma ritrovava niente di niente.

- Ti ricordi più allora cazzone?

Qua gli faceva davvero una testa grossa a Kerdoncuf, spiccato fuori nella luce, una ancora più grossa di me. L'elmo gli stava su mica tanto bene, gli ricascava sulla fronte con le raffiche, poi gli ribarcollava all'indietro, l'alto cimiero capovoltante, come di una fontana che ce lo imberrettava, sgocciolante da tutte le parti.

- Come cazzo che ti sei conciato zuccone! Guarda un poco il tuo monumento! Come che te ne vai in giro? Come che osi? Non ci hai vergogna parola mia? E' il papa che poi te lo strizza, di', il tuo sottogola, crema di vacca. E' svuotata la tua zucca allora? Che neanche il tuo elmo ti sta più dritto! Te l'hanno data di' la parola però! Merda! Va' mica a dire il contrario ! Disgraziato maledetto fottuto piantone! Sai più niente di', Kerdoncuf? Sai più niente, di', niente di niente? Sei più stronzo dei miei stivali?

- Sì Brigadiere.

- Niente di niente?

- No Brigadiere.

- Figlio del Buon Dio della malora!

Sotto tali e così forti trombe del diluvio, risciacquate, sciolte, disfatte, erano delle parole spappolate che ricadevano nel buio, sbiadite, mosce. (...)




(Brano tratto dal libro Casse Pipe - Louis Ferdinand Céline - Traduzione dall'originale francese è opera collettiva delle allieve del Corso di Francese della Scuola Europea di Traduzione Letteraria di Torino (SETL), tenuta da Giuseppe Guglielmi - Giulio Einaudi editore - quarta ristampa 2008.)






Louis Ferdinand Céline

 


     
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