LA CADUTA DEL MURO DI BERLINO, PRIMA VOLTA

ovvero

QUANTO CI CONFONDE LA STORIA CONTEMPORANEA



Bozidar Stanisic




 
A Ermes Dorigo

 
 
La casa del mio amore
è piena di colline e di pascoli intessuti di
elicrisio
per tetto ha la cupola del cielo e per
lampada la stella del nord
ha le porte di vento e le finestre di scrosci
di pioggia.
La casa del mio amore è piena di grandi
montagne
e di isole su cui scendono a volo
cinciallegre.
(Kathleen Raine, La casa del mio amore)
 


mattino ancora mattino in un altro posto
quel mattino ricordo facevo colazione col pane
col pane del forno del mio amico (lui leggeva libri
ah libri gracili compagni di viaggio della realtà
i suoi erano bizzarri di ombrosi
veli di oblio avvolti
e sognava anche sogni non di là
in una città che anche adesso porta il nome della nebbia
che i contorni addolcisce di tutto perfino di ciò che è scomparso)


quel mattino


il pane fulvo caldo crocchiava o qualcosa voleva
dirmi (non è impossibile poiché sulle cose
e sui volti c'era ancora della polvere meravigliosa scintillante
polvere che un ingannevole fascino conferiva
alla nudità dei sostantivi e a qualche più lento verbo)


e col burro
(di latte di vacche normali
muggivano e una campana al collo portavano le poverine
don-don-don in un lembo di europa che su un vecchio
in lungo e in largo navigato mare guarda
ai bordi del tempo accelerato di questo secolo)


allora ancora abitavo nel passato
se fosse o non fosse un po' stretto in quell'appartamento
non ve lo saprei dire ora che le immagini del mio prima
le vedo nel bianco-e-nero di un qualcosa-come-memoria
e immobili nella multicolore magnificenza del mio dopo
e ancora non so quanto ci confonde
la storia contemporanea


quel mattino avevo davvero molti anni di meno credetemi
forse mille o duemila ora davvero non ricordo più
(nel mio dopo non riesco a contare
tutti i non-amori i non-incontri le non-parole le non-lettere
più facile sarebbe portare l'acqua in un setaccio
e nudo e vestito andare per il mondo
le stelle come lucciole acchiappare
con reti di chiar di luna e di azzurre voci
che in un ditale porre il mio prima in cui credevo
alla perfezione della retina fermamente)


credetemi
più facile è toccare non-metamorfosi
a un albero dire buon giorno albero tu sei sempre un albero
l'occhio non mi inganna grazie a te albero che radici
in terra hai nidi e cieli nei rami
a un uccello dire è bello vederti alileggero
è bello che tu navigare sappia per paesaggi celesti
alla luna un'anacronistica buona notte


e leggevo giornali (ricordo promettevano un sicuro oggi
e un migliore domani)
il mattino era nebbioso solitario
premuto dai sognanti muri dei monti
stretto fra voci non dette
libri non letti silenzi non riconosciuti
quel mattino (oggi una particola di questo ricordo
casuale credetemi in un altro luogo)


in Bosnia
senza dubbio di neve profumava quei mattini
da lontananze dove le montagne tacciono
a un'altezza che tocca il cielo
aria pura sommità dolcemente ricurve
azzurro del cielo bioccoli di nubi
armonia direbbe un viaggiatore inesperto
quel mattino
l'orologio si mise a battere fuori tempo
(ci sono anche mattini così quando gli oggetti ritornano
a se stessi ah dimenticavo stavo finendo un manoscritto
di un libro per bambini
il marinaio della barchetta di carta questo era il titolo)
su tutto ciò che non ritorna ma suona facile


(una pesantezza forse c'era dentro qualcosa
di insospettato allora di imminente
no non dire può darsi
nella larva del nostro anno zero si diffondeva
con mille mani sotto la cupa leggerezza dei contorni
sempre più pallidi di un mondo un tempo a me noto)
quella


pesantezza


e non solo nel ricordo dico


suonò il telefono


ah


è così
bisogna accendere la tivù sapere tutto sull'avvenimento
cade un muro crolla un muro davvero solo uno
la voce all'altro capo tace (dalla cornetta
sembra frusciare l'universo nella spirale di una conchiglia)
il muro di Berlino come non capisci e mi sgrida
io ti informo su ciò che è
tu attacchi i cavalli dell'ironia a un tiro agli altri invisibile
non fa nulla dico va bene che cada il muro
sì dice la voce va bene che tu ora la pensi diversamente
da un momento fa certo che lo penso dico
(e mi aspettava la barca mia di carta)


lo schermo mi trasportò nelle scorrevoli immagini
nella massa in moto verso il Muro e oltre il Muro
nella caduta del Muro (era un muro senza porte senza finestre
perfino senza fessure per i messaggi di coloro
che vorrebbero piangere) sentii la polvere del cemento sulla lingua
storia molti si baciano proprio come ci si bacia
nella vita non solo nei film
un poliziotto dell'est regala una rosa
a una ragazza (direi dell'ovest)
nella processione anche maschere e un arlecchino con un berretto
bicorne multicolore saluta il mondo
nel grande movimento verso ovest


come stabilito l'Ovest sfolgorava di spumeggiante felicità
come stabilito l'Est scompariva sia nel modo delle immagini trasmesse
sia nel modo del linguaggio trasmesso come state
(breve pausa un padre lancia
il figlio in alto) mai così bene sapete
come nei sogni (breve pausa una donna si inginocchia)
in che sperate (pausa brevissima
il cielo sopra Berlino è incolore o lo schermo per un attimo diventa
bianco-nero) nella libertà ah in lei nella libertà
(nello schermo si inserisce uno non interpellato) voglio andare in occidente
perché là ci sono sexy-shop (altra breve pausa
lo schermo pieno di corpi in movimento) in che sperate ancora
parlate il mondo ci ascolta (un bambino
in primo piano con la manina saluta il pianeta)
ah adesso (l'intervistato inspira profondamente)
adesso potremo comprare tutto


p.s. gli ingenui di questo mondo quando dormono dormono davvero
quando si svegliano davvero pensano di essere svegli
allora non sapevo né che i muri una volta abbattuti
hanno il potere di volare né che la terra sotto il cui cielo
vidi il mondo può per il mondo diventare così importante
così terribilmente importante che il terrore divino senti sulla pelle
e sotto la pelle
né che angusta può diventare quella
terra
né che si restringe alle dimensioni di una cartina da sigaretta quel
cielo
né che da vicino avrei visto la morte delle qualità
le loro scaglie avrei annusato in decomposizione
e la nudità del mondo di cui erano profilassi


non parlare di cose tristi né di cose insensate
mattino di nuovo mattino il tempo si travasa da un ditale
(e primavere, estati, autunni e inverni passano)
e oltre
alla tua finestra a occidente si risveglia
una vista


(che sia reale)


montagne luminosità verdolina sopra biancori
sognante (le solitarie ma leggere nevi del Piancavallo
in novembre) tu sei in un altro luogo
non rimproverare nulla alla verità dei calendari assegnati
vivi questo mattino vivi questo sguardo
non chiederti come né perché le rovine
dei muri di un tempo volino
nuove trovando patriae
e né sono uccelli né sognatori


(ah se potessi fare
a Kathleen Raine una piccolissima
domanda su colline pascoli cielo stella del nord
vento scroscio montagne e isole
su cui scendono a volo cinciallegre )


se potessi


quel mattino
non hai sputato la polvere da te stesso
adesso da dentro dal labirinto ti raschia


comunque


terra cielo


e oltre la vista

 

 

(Traduzione dal serbo-croato: Alice Parmeggiani)
Zugliano, novembre 1997









Bozidar Stanisic (Visoko, Bosnia,1966) già professore di lettere a Maglaj, località a nord di Sarajevo, dal 1992 vive con la sua famiglia in Friuli, a Zugliano.
Oltre a offrire il suo contributo letterario, pubblicistico ed educativo a diverse iniziative di pace e non violenza per i diritti civili dei rifugiati e degli stranieri, Stanisic ha sempre collaborato alle iniziative culturali dell'Associazione - Centro di accoglienza "E. Balducci", con cui ha già pubblicato tre raccolte poetiche: Primavera a Zugliano, "Non-poesie" e Metamorfosi di finestre. Diverse di queste liriche sono state incluse nelle raccolte 'Quaderno Balcanico, Cittadini della poesia", collana diretta da M. Lecomte (1986) "Conflitti - Poesie delle molte guerre", a cura di I. Landolfi (2001) e "Ai confini del verso", a cura di M. Lecomte (2006), pubblicata anche in inglese, negli USA. Grande attenzione gli dedica "Nuovo Planetario Italiano. Geografia e antologia della letteratura della migrazione in Italia e in Europa" a cura di Armando Gnisci. In prosa, oltre a numerosi articoli per riviste e quotidiani, ha pubblicato la raccolta di racconti "I buchi neri di Sarajevo" (1993), Tre racconti (199B), Bon voyage (2003). Alcuni dei suoi testi sono stati tradotti anche in sloveno, inglese, francese, albanese e giapponese.
A ottobre 2007 esce li cane alato, Zevio (Verona), Perosini Editore, sette racconti.





      Precedente      Successivo         Copertina