GLI EMARGINATI NELL’OCCIDENTE MEDIEVALE


Jacques Le Goff

 



I. L'AREA DELLA MARGINALITÀ MEDIEVALE

Nel 1964, tentando di offrire un quadro sintetico della civiltà dell'Occidente medievale, avevo dedicato una decina di pagine non agli emarginati (il concetto non era ancora emerso nel campo della storia) ma agli esclusi. E avevo inserito in questa schiera eretici, lebbrosi, ebrei, folli, streghe, sodomiti, ammalati, stranie­ri, declassati.

Recentemente sono apparse due opere importanti dedicate agli emarginati medievali: un volume collettaneo che raccoglie gli atti del primo simposio dell'Istituto di studi medievali dell'uni­versità di Montréal sotto la direzione di Guy H. Allard: Aspects de la marginalité au Moyen Age , e un'opera di Bronislaw Gere­mek, originariamente in polacco, che in francese porta il titolo Les marginaux parisiens aux XIV et XV siècles.

Il libro canadese si è interessato ai mendicanti, ai folli, ai mostri, all'uomo selvaggio, agli estrosi, alle streghe e stregoni, agli alchimisti e agli speculatori. B. Geremek ha trattato dei cri­minali, dei dotti e studiosi emarginati, dei mendicanti, delle pro­stitute, e ha studiato diversi problemi fondamentali: la localizza­zione topografica degli emarginati, l'organizzazione degli emarginati in gruppo, le relazioni fra mondo del lavoro e mondo del crimine, la nozione di «inutilità per il mondo».

Ancora più di recente gli atti di un simposio organizzato dal Centro universitario di studi e di ricerche medievali dì Aix-en-Provence (CUERMA) sono stati pubblicati con il titolo Exdus et systèmes d'exclusion dans la littérature a la civilisation médiévales . Vi compaiono i musulmani, gli eremiti, gli indifesi, i contadini, gli ebrei, i detenuti politici e gli ostaggi, i folli, le prostitute, i prigionieri, i lebbrosi, ì traditori, i bambini, i nani!

II. I PROBLEMI

A mio avviso i più importanti orientamenti di ricerca dovrebbero organizzarsi intorno alle seguenti linee direttrici:

1. È importante che si studino gli emarginati in maniera storica, ossia dinamica. Si tratta di individuare e di analizzare dei processi piuttosto che degli stati.

La realtà storica è costituita da fenomeni di emarginazione che possono portare tanto all'esclusione quanto al recupero o rein­tegrazione (quello che certi etnologi e sociologi chiamano pagina­zione: il ritorno dei margini verso il centro della pagina). La marginalità è una condizione instabile, fragile, in genere effimera.

2. Bisogna chiedersi che cosa, in questo processo, è più importante, se l'evoluzione degli emarginati stessi o la considera­zione che la società ha di essi. Per esempio, nel suo libro Las Brujas y su mundo Julio Caro Barojas ritiene che a cambiare nel corso dei secoli non sia stata la strega ma l'ambiente che le è intorno. Solo perché il mondo che la circonda è diverso, si ha l'impressione che anche l'atteggiamento della strega debba essere differente. In realtà, fino a tanto che essa esiste, il suo personag­gio è sempre uguale a se stesso. Jean-Claude Schmitt, studiando i béguines e i béghards dal XIII al XV secolo, non li vede cambiare di molto, mentre i fondamenti ideologici della sospettosità che la Chiesa e la società mostrano nei loro riguardi vanno dall'accusa di eresia a quella di vagabondaggio per assimilazione con i mendi­canti validi.

3. Quale è la giustificazione ideologica dell'emarginazione o dell'esclusione? Solo mettendo in evidenza queste motivazioni si potrà definire l'area della marginalità, anziché fare di questa un contenitore generico pieno di qualsiasi cosa, e si potrà creare una tipologia degli emarginati. Attorno alle nozioni di comunità sacra, di purità, di normalità si articolano i giudizi di sospetto, di rifiuto o di esclusione. Ma queste nozioni devono essere precisate nel contesto ideologico e sociologico dell'Occidente medievale. Così la nozione medievale di comunità sacra è quella dì una ecclesia che comprende chierici e laici — e che si evolve (ogni non-conformismo tende all'eresia); quella della purità è radicata nella credenza all'unione indissolubile di corpo e anima e al ruolo di indicatore materiale del corpo in quanto espressione dell'anima (la lebbra è segno del peccato); quella di normalità è costruita intorno all'assimilazione della natura. a Dio e al rifiuto manicheo del misto (come si può essere semi-chierici e semi-laici come i beghini e i begardi, metà-animali e metà-uomini come certi mostri o come l'uomo selvaggio?).

I. Tipologia della marginalità

Benché non ci siano frontiere precise fra le categorie sopra indicate, e i processi di emarginazione consentano agli individui e ai gruppi di passare da una categoria all'altra, si possono tuttavia distinguere:

a) gli esclusi o destinati all'esclusione: sono i criminali (ladri e banditi, fures e latrones), gli erranti, gli stranieri, le prostitute, i suicidi, gli eretici;

A) i disprezzati: i mestieri “disonesti” come quelli di macellaio, di tintore, di mercenario, ecc., i malati, gli infermi e i pove­ri, le donne, i bambini, i vecchi, i bastardi;

c) gli emarginati propriamente detti: i declassati (per esem­pio i cavalieri poveri), i folli, i mendicanti, gli usurai (molto prossimi, questi ultimi, alla categoria degli esclusi);

d) gli emarginati immaginari: le meraviglie geografiche, i mostri (definiti da Bruno Roy, Aspects de la marginatiti au Moyen Age , p. 71, come gli extra-terrestri del Medioevo), l'uomo selvaggio".

2. Le basi ideologiche della marginalità

In generale si tratta di controllare o di escludere quelli che sembrano rappresentare un pericolo per la «comunità sacra»".

Questa comunità, nonostante i movimenti missionari, è una cristianità chiusa. Essa vive in un clima di insicurezza materiale e mentale che mira alla semplice riproduzioni e sospetta di tutti quelli che, consciamente o inconsciamente, sembrano minacciare questo fragile equilibrio. Tale insicurezza genera un modo di pensare manicheo che annulla tutte le sfumature, i grigi, e condanna le posizioni intermedie, producendo alla fine un autoritari­smo che sacralizza le autorità (auctoritates) e un senso gerarchico che di ogni tentativo di sfuggire alle situazioni fissate dalla nascita fa un peccato contro l'ordine voluto da Dio. Negli emarginati è all'opera il nemico del genere umano, il Diavolo. In caso d'im­prudenza o di sciagura, una parte notevole della società scivola verso la marginalità: la mendicità, il vagabondaggio o il crimine. La società medievale, per le sue strutture economiche, sociali e ideologiche, è grande produttrice di emarginati.

Questa paura di individui o di gruppi pericolosi si cristalliz­zava intorno ad alcune ossessioni:

a) la religione, che dilatava il campo dell'eresia e faceva degli eretici gli emarginati e più ancora gli esclusi per eccellenza;

b) la malattia e il corpo, luogo di incarnazione del peccato; tutto questo trasforma automaticamente gli infermi e i malati in poveri, fa dei lebbrosi le immagini viventi del peccato, porta a condannare severamente le prostitute;

c) l'identità, donde la fobia degli ebrei e degli stranieri;

d) il rifiuto di quanto appare contro natura: sodomiti, mostri;

e) il bisogno di stabilità fisica e sociale. Di qui la condanna dei vagabondi, degli erranti, delle persone senza arte né parte, degli individui senza fissa dimora, come pure degli instabili sociali, dei declassati e dei decaduti;

f ) il lavoro che, dopo essere stato disprezzato come conse­guenza del peccato originale, viene riabilitato, diviene uno dei valori di una società che si sta lanciando nella crescita economica e in cui, a partire dal XIII secolo, le espressioni di ozioso e di mendicante valido diventano etichette ingiuriose affibbiate a certi emarginati. Da quest'ultimo esempio si vede come vi sia una congiuntura della marginalità medievale: incremento o decremen­to del numero dei poveri e dei mendicanti, preponderanza episo­dica di questo o quel tipo di emarginati, mutamento dei criteri di marginalità e dei processi di emarginazione.

Un importante movimento nel senso del recupero si può osservare nel XIII secolo a proposito dei mestieri leciti e illeciti.

Questi ultimi rivelano qualcuno dei tabu fondamentali della so­cietà medievale: quello del sangue (che emargina anche i soldati), quello dei denaro (che affossa l'usuraio), quello della sporcizia (segno di impurità) che condanna i folloni, i tintori, i cuochi, i lavandai.

Ma, a partire dalla seconda metà del XII secolo si delinea un movimento — che ben presto si allarga —, il quale giustifica e poi riabilita un gran numero di mestieri fino a quel momento disonesti. Contemporaneamente l'aldilà accoglie un numero crescente di emarginati. Se gli esclusi sono probabilmente clienti dell'inferno, il purgatorio che fa la sua solenne comparsa nel XIII secolo è un grande recuperatore di emarginati, compresi gli usurai.

3. I processi di emarginazione e di esclusione

I processi che danno luogo ad etichette, a segni, a gesti, a rituali e cerimonie non sono stati studiati a sufficienza.

a) Le etichette

Sono abbastanza ben conosciute le qualifiche di segregazione o peggiorative imposte agli eretici. Sarebbe interessante uno studio preciso dei nomi di animali attribuiti agli emarginati e agli esclusi (per gli eretici, ad esempio, volpe, lupo, serpente, scim­mia, ragno).

B. Geremek, studiando le ingiurie rivolte agli emarginati nella Francia del XV secolo, elenca «vizioso», «mascalzone», «ruf­fiano«, «pezzente», «ladro», «vagabondo», «delinquente», «pappone» e, per le donne «ribalda», «vagabonda», «viziosa», «puttana».

b) I segni

I segni distintivi possono essere sia segni di protesta e di provocazione volontariamente messi in mostra dagli stessi emar­ginati, oppure segni non voluti, segni infamanti imposti agli emarginati e agli esclusi.

Fra i primi vanno ricordati i vestiti larghi o magari miserabili e cenciosi. Un ordine mendicante, soppresso dal II concilio di Lione nel 1274, sarà chiamato correntemente ordine dei sacchetti (saccati) per l'abito a forma di sacco che essi indossavano. E poi, altro segno, i capelli lunghi e la barba.

Fra i segni segregativi o infamanti sono noti la rotella, impo­sta agli ebrei, la raganella per i lebbrosi, ecc. A certi eretici pentiti — per esempio ai valdesi nel XIV secolo — si imponeva di portare due croci, una davanti e l'altra dietro.

c) I gesti

Quelli degli emarginati — e in particolare degli eretici — sono spiati e notati con cura dagli agenti dell'ideologia ufficiale. I manuali per gli inquisitori e i processi di inquisizione fanno una lista dettagliata dei gesti di preghiera, di saluto, ecc., praticati dagli eretici. Esiste tutta una gestualità dell'eretico, del ladro, del mendicante, dell'uomo selvaggio, della donna, che costituisce un mezzo per individuarli e isolarli.

d) I rituali e le cerimonie

Le esposizioni e le esecuzioni di criminali danno luogo a cerimonie che rappresentano uno dei torbidi piaceri della società medievale. La condanna o la riconciliazione degli eretici dà altresì luogo a precisi rituali di esclusione.

In certi casi le punizioni inflitte agli emarginati simbolizzano in particolare l'esclusione di cui essi sono oggetto: eretici che vengono murati vivi, lebbrosi che vengono rinchiusi in tombe.



CONCLUSIONE

Michel Mollat, sottolineando la «contraddizione interna» della carità medievale, cita un passo della Vita di sant'Elìgìo in cui si dice: «Dio avrebbe potuto creare tutti gli uomini ricchi, ma ha voluto che nel mondo ci fossero anche i poveri, per offrire ai ricchi una occasione di riscattarsi dalle loro colpe».

In una società combattuta fra la paura della contaminazione ideologica e l'esitazione ad escludere coloro che potrebbero concorrere contraddittoriamente alla salvezza dei puri, quello che prevale è un atteggiamento ambiguo nei confronti degli emarginati. La cristianità medievale .sembra detestarli e ammirarli ad un tempo, ne ha paura in una mescolanza di attrazione e di terrore. Li tiene a distanza, ma fissa questa distanza a un livello abbastan­za vicino tanto da averli alla propria portata. Quella che chiama carità nei loro confronti somiglia molto al comportamento del gatto che gioca col topo. Così i lebbrosari, che devono essere situati a un "tiro di pietra dalla città", in modo che la "carità fraterna" possa esercitarsi verso i lebbrosi. La società medievale ha bisogno di questi paria messi al margine perché pericolosi, ma visibili, perché, grazie alle cure che essa dispensa loro, possa formarsi una buona coscienza; e più ancora proietta e fissa in loro, magicamente, tutti i mali che essa allontana da sé".




(Tratto da Il meraviglioso e il quotidiano nell'Occidente medievale, Editori Laterza, Bari, 1983. Titolo originale: Les marginaux dans l'Occident médiéval, in AAVV, Les marginaux et les exclus dans I'histoire, U.G.E., Paris 1979, pp. 18-28. Traduzione di Michele Sampaolo.)







Jacques Le Goff è uno dei massimi medievalisti viventi.



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