A STEVKA SMITRAN, POETESSA SERBA IN ITALIA, PER IL NOSTRO MEDITERRÂNEO

Armando Gnisci

Mi chiedesti di scrivere che cosa sapevo ora mai del nostro mare
[deux ou trois choses que je sais de ma mer]
da che nacqui sull'istmo appulo messapico salentino
tra l'Adriatico e lo Jonio.
Qualcuno mi narrò molto più tardi questa leggenda:
gnisci viene dal nome che gli albanesi ospitali diedero
a una famiglia di profughi dalla distruzione della loro
città, Nîs, in Serbia, da parte dei turchi. //La famiglia
passò l'Adriatico. //Una parte si fermò in Puglia e
l'altra andò verso la Calabria.//
Da bambino mia madre prima di gettare la pasta
nell'acqua bollente mi faceva tenere la busta pronta e aperta
in mano. Sulla busta era impressa la figura di un'aquila appollaiata
su uno scoglio in mezzo al mare sconfinato. Non so se già
allora pensavo al Mediterraneo così, ma so che allora tremavo
di fronte all'abisso della figurazione misteriosa e senza
significato oltre la sua capace e sovrana epifania.
Adesso so, da tanto, da quando me lo ricordo, che mediterraneo
per me vuol dire quella allegoria: una icona dove soggiorna
la salute meridiana della luce marina e del volo imminente,
della pietra e dell'acqua aperta.// Dopo conobbi il mito di Delfi
ombelico apollineo sibillare e delle due aquile che
fecero il giro del mondo per incontrarsi al punto del centro
del mare al centro delle terre.//Nel mio terreno dei calchi
dei sogni e del vento che falcia e fascia la memoria è rimasta
un'aquila sola sulla roccia.//
il Mediterraneo è diventato foglio di scrittura critica
per il mio album alla Debussy, credo.// Catasta polmone erodoteo
scambio e sabir palinsesto migrazioni.//
Incontrai anni fa uno scrittore della Martinica, Édouard (Edu) Glissant,
mi rivelò che il nostro mare è un bacino chiuso intorno
al centro del pensiero dell'uno (greco ebraico romano europeo),
mentre il mar dei Caraibi si apre nella e alla diversità
alla creolizzazione arcipelagica dei mondi. //Ho pensato anche
che dai Caraibi arriva al nostro freddo impero del nord
uno scialle di calore che calma e tempera la sferza
la bruma e il tedio del gelo notturno: un mare generoso
che genera anche da lontano e senza ricompensa.//
Altre immagini mi hanno raggiunto dal futuro:
quella del bacino mediterraneo lungo in orizzontale quanto
quello verticale e rampicante del Nilo che lo alimenta dalle viscere
dell'Africa, partendo dalle regioni donde si mosse anche
la specie umana quando alzò la fronte e le mani e migrò
nel cammino della pura oltranza;// e quella che una studentessa
questo inverno tra i secoli mi donò attraverso una canzone
dei Nomadi che dicono di un "enorme spirito d'acqua".//
Nel Canale dell'Otranto salti scogli di paura e muti
neonati, artigli e denari, fosse kulle e danni
danni come quando gli anni sono sequenze
di 12 novembri di salme e lastre ventose.

L'aquila sola sullo scoglio il palinsesto degli scambi e
delle migrazioni la conca terminale del Nilo
il sogno rovesciato del golfo del Caribe lo spirito d'acqua
le barcacce rovesciate con le bocche a ponente
annuvolano il tramonto dentro il cammino che mi resta
senza mischiarsi o farsi sintesi // insieme sorelle e madri
del loro essersi incontrate nel destino a memoria di un
vecchio bambino ora mai // come in un quadro di Ernst

9 maggio 2001


Chiedi perché mi definisco mediterraneo
quando mi dicono europeo
- direi che accade perché mi immagino da fuori
far parte del lagomare in mezzo alle terre -
come se mi vedessi sotto gli occhi di un indiano
- l'India è facile vederla come subcontinente a punta,
dicono,
e io non mi sento&vedo se non nella terra intorno al mare
più che nelle terre piene del continente a coda
- credo che non c'entri nessun carattere mediterraneo
in questa visione: è solo rovesciata verso tutti i versi
e io ci sto dentro // anche se è fatta da fuori.



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