JUNG A GLÜCKSBURG

Jes Petersen



Per breve tempo, dopo che gli affari col porno erano andati a monte, ero riuscito a mettere al sicuro un po' di denaro a Lucerna. Daniel Spoerri, che allora era drammaturgo in quella città, aveva aperto un conto per me. Avevo stampato con la rotaprint Il concilio amoroso di Oskar Panizza. Qualche tempo prima mi aveva scritto Franz Jung, che era venuto a sapere della mia casa editrice da Raoul Hausmann. Mi chiedeva se avessi interesse a pubblicare un volumetto. Il caso Gross sarebbe stato molto adatto a questo proposito. Il libro di Franz Jung La via verso il basso lo avevo già letto diverse volte e da alcuni antiquari avevo recuperato i suoi primi libri. Jung era per me un mito e un idolo. Certo che lo pubblico!
Andai a Parigi e presi una camera nello stesso albergo in cui Jung abitava già da qualche tempo. Era una stamberga vecchia e buia, ma a buon mercato, in Rue Mufftard. Trascorsi pochi minuti Jung incominciò a monologare sulla sua vita avventurosa, spesso raccontando storie più variopinte e particolari più dettagliati che in La via verso il basso. A causa di una operazione alla trachea la sua voce era estremamente bassa, roca e gracchiante, come proveniente da un altro mondo. Bisognava concentrarsi terribilmente per capire tutto. Più tardi ce ne andammo in un bar messicano nelle vicinanze dell'hotel. Salvo brevi pause, Jung continuò a tenere banco fino a mezzanotte. Nel frattempo avevamo tracannato quantità imponenti di tequila. Anche se l'hotel si trovava a soli dieci minuti di cammino, con nostra meraviglia la via del ritorno durò alcune ore, nonostante entrambi fossimo dei buoni marciatori. Durante quelle tre ore rievocò sempre nuovi ricordi della sua vita. L'hotel era veramente una topaia, ma economica.
Il giorno del funerale della vedova di Trotzki a Parigi io ero a letto quasi in coma con una polmonite. "Uomini con volti come dèi olimpi. Adesso tutti ormai vecchi, ma che profili grandiosi, vi traspare la lotta per un mondo migliore!"
Nei pressi dell'hotel si trovava la libreria Pinkus, il cui proprietario era dovuto emigrare nel periodo nazista. La sua era l'unica libreria con libri esclusivamente in lingua tedesca. La mattina passavamo spesso dal negozio - Pinkus invitava per il caffè una vasta cerchia di ammiratori -, ed ogni volta si incontravano le persone più inaspettate. Pinkus era un'istituzione. Gli editori tedeschi più pignoli guardavano però con sospetto le sue ordinazioni, poiché non pagava mai.
Anche il "Café Dom" si trovava nei pressi dell'hotel. Sartre e la sua cerchia vi tenevano banco, quasi tutti gli artisti più eminenti di Francia. Tramite Jung conobbi in quel caffè uno dei personaggi più avventurosi e singolari - Emile Szittya. Per la mia età già vecchissimo, egli era colui che aveva allestito la prima mostra di Chagall e che in seguito aveva pubblicato per brevissimo tempo il "Mistral", una rivista che aveva anticipato molti aspetti del successivo dadaismo. Autore di innumerevoli libri, mai di successo. Per molti anni girovagò a piedi per tutta l'Europa, allora anarchico convinto. Durante i suoi vagabondaggi, prezioso informatore tra le cellule anarchiche delle città più lontane. Dopo la guerra fu per breve tempo comunista convinto e mise a disposizione del partito la sua immensa biblioteca, ricca di prime edizioni e rarità, soprattutto riguardanti il partito comunista degli anni venti. Barbare popolane prendevano in prestito i libri più preziosi, li trovavano completamente stupidi e li gettavano nell'immondizia. La biblioteca si ridusse così a pochi resti.
Oltre a scrivere Szittya dipingeva anche quadri meravigliosi, spesso bizzarri. Era considerato una personalità di rilievo anche dai circoli artistici parigini più affermati ed i suoi quadri venivano apprezzati anche da pittori. Picasso ne aveva sentito parlare e voleva andarli a vedere. Il giorno della visita Szittya sedeva nel proprio atelier, eccitatissimo. Picasso arrivò e suonò alla porta con la targhetta "Szittya". Nessuno aprì. Picasso se ne andò infuriato: mancare all'appuntamento con il re dei pittori! Nello stesso momento, e ancora per molte ore, Szittya sedeva aspettando Picasso nel suo atelier. Si trovava un piano sopra al suo appartamento.
I quadri di Szittya erano di gran lunga migliori di molte opere di successo sul mercato d'arte, anche se i suoi quadri incontravano la stessa fortuna dei suoi libri. Ma nei caffè che frequentava abitualmente si riuniva intorno a lui una cerchia di ammiratori e di amici entusiasti. Szittya conosceva le persone più bizzarre e si intendeva delle materie più inconsuete. Sedergli accanto era sempre un'avventura.
Per Il caso Gross volevamo reclutare Max Ernst come illustratore, ma da pochi giorni era partito per la sua residenza estiva in campagna. Alle lettere con cui chiedevamo la sua collaborazione non ha mai risposto. A Parigi gli artisti più strani si presentarono con disegni che avrebbero potuto riempire inutilmente le pagine di qualsiasi altro libro, in modo interscambiabile.
Tramite Jung conobbi le persone più eccezionali, Maximilian Rubel, per esempio, un professore di marxismo-leninismo. Per mio tramite, invece, egli conobbe modi di vivere a lui completamente estranei, come quelli dei clienti abituali di un caffè, in cui a turno risiedeva l'underground americano. Me lo portai dietro ad una festa di accaniti fanatici dell'Asia e poeti pazzi, la festa era dominata da droghe in tutte le variazioni: speed, hashish, coca, eroina. Jung non è mai stato interessato alle droghe, per contro è stato tutta la vita un bevitore appassionato. Non amava l'underground americano. Dal periodo trascorso a San Francisco conosceva molto bene Ginsberg e la sua cerchia. Per lui erano una banda di parassiti che si presentavano ogni giorno a tutti i vernissage, si scolavano il vino gratis e come se non bastasse dopo facevano pure baccano.
Il periodo a Parigi era trascorso ormai da alcuni mesi. La prima edizione di 400 esemplari era già stata venduta da molto tempo. Non sarebbe stato male, per tirare avanti, stampare ancora 400 o 600 libri.
Jung aveva annunciato in una delle sue lettere di volere farmi visita a Glücksburg, in estate, per elaborare i nostri progetti editoriali e nello stesso tempo per godersi la campagna e i boschi. Appena giunti dalla stazione, le sue valigie erano ancora accanto alla sedia su cui era seduto, arrivò una truppa di uomini in borghese, talmente non appariscenti da risultare appariscenti. Jung non sapeva perché venissero da me: "La stessa gente di prima, proprio la stessa!"
Il peggiore era uno della polizia giudiziaria con una voce viscida da farabutto. Nel periodo nazista era stato attivo nelle SS. Dopo la guerra erano sorti perciò degli scrupoli sull'opportunità di integrarlo nella polizia. Fece il pappone fino a quando, trascorso un po' di tempo, non venne arruolato infine nella polizia, e proprio nella buoncostume. Grazie al periodo come protettore era probabilmente esperto dell'ambiente.
La banda di rozzi poliziotti aveva l'incarico di requisire Il concilio amoroso. Nell'epoca di Adenauer persino un film innocente come La peccatrice venne proibito per un po' di tempo. In quel periodo bastava la denuncia di un unico ficcanaso per bloccare per mesi, fino alla fine del processo, che si concludeva nella maggior parte dei casi con il via libera alla pubblicazione, anche grandi case editrici con alte tirature.
Nel mio caso la denuncia era partita da un funzionario di Kiel. Il compito degli agenti della giudiziaria era di sequestrare tutte le lastre tipografiche e i libri di Panizza già stampati, eventualmente anche i registri delle ordinazioni e delle vendite. Invece iniziarono a devastare tutto l'appartamento. Il peggiore era l'ex SS con la voce bavosa da farabutto. Per ogni libro che prendeva dalla libreria gracchiava: "Petersen, ma che gusti perversi. Un libro su Picasso!" Prima vennero sbattuti al suolo i libri d'arte, sempre accompagnati dal commento sulla mia animalesca perversione. Poi tutti i volumi di letteratura, le cartelle con i manoscritti, che avrei dovuto pubblicare in caso mi fosse arrivato del denaro, e tutti gli atti di archivio. Quando se ne andarono l'appartamento sembrava una discarica.
Jung, esperto di giornali, scrisse subito una lettera che arrivò contemporaneamente a tutte le grandi redazioni. Già il giorno seguente apparvero i primi titoli: "Terrorismo poliziesco per Il concilio amoroso.
Oltre alla buoncostume anche quelli del servizio segreto avevano sviluppato un vivo interesse per la mia persona. La mia fama di bacillo rosso, e per giunta pericoloso, doveva essersi diffusa senza ostacoli a Flensburg. La città era abitata quasi senza eccezioni da cittadini per bene e rispettosi, quasi tutti elettori della CDU. I pochi che non si uniformavano a quella società e quelli che si riteneva la pensassero diversamente, i perversi, fornivano graditi argomenti ai loro pettegolezzi. Ma sembrava che noi, il mio amico Erasmus Jonas ed io, fossimo ritenuti soggetti pericolosi. Ad un certo punto iniziarono a pedinarmi. Una mattina mi accorsi di due uomini che passeggiavano avanti e indietro da ore davanti a casa mia. Entrambi indossavano lo stesso cappello di feltro, lo stesso cappotto, gli stessi pantaloni e le stesse scarpe. Ancora oggi mi risulta incomprensibile come sia possibile che due funzionari, i quali presi singolarmente passerebbero inosservati, vengano infilati negli stessi identici vestiti che li rendono così sospetti.
I due tornavano regolarmente ad intervalli di alcuni giorni e passeggiavano su e giù per un po' di tempo di fronte a casa mia. Ogni tanto i misteriosi personaggi mi controllavano anche di sera. Mi accompagnavano, seguendomi a grande distanza, durante le mie uscite per locali. Gli sciocchi dovevano restare fuori dalla taverna fino a che il Petersen, qualche ora dopo, ritornava barcollando a casa. Nei giorni particolarmente freddi o durante le tormente di neve presi sempre più gusto a sbevazzare nel tepore dell'osteria un paio d'ore più del solito. Infine barcollavo verso casa insieme alle mie assiderate guardie del corpo.
Il concilio amoroso sequestrato. Gli articoli dei giornali riempivano il triplo di pagine rispetto alle 76 del testo di Panizza. La polizia giudiziaria fu straordinariamente veloce: dopo solo tre giorni il libro di Panizza era sulla scrivania del Procuratore di Stato dello Schleswig. Nel periodo trascorso in quella regione io e lui avevamo spesso cenato assieme a casa sua. Non era un collezionista che comprava in blocco intere cantine, ma sapeva scegliere bene i quadri che acquistava.
In tribunale lesse ad alta voce per circa mezz'ora alcuni brani dal pezzo teatrale, in realtà piuttosto insipido, poi gridò in preda all'ira: "Qui fuori sono ancora in circolazione pericolosi assassini! E io devo perdere il mio tempo a leggere testi inoffensivi come questo!" La pubblicazione del libro fu subito sbloccata, ma passarono quattro mesi prima che le lastre tipografiche mi fossero restituite. Nel frattempo ne avevo già composte di nuove.
La nostra cerchia quotidiana - Jung, Jonas ed io - sviluppava idee e progetti editoriali sempre nuovi. Con un po' di denaro qualcuno sarebbe stato anche realizzato. In quella situazione, invece, la "Serie di volantini" di Jung, un disco con letture dai suoi pamphlet, non usci più. A causa del fallimento del commercio di materiale porno e il sequestro di Panizza ero continuamente senza soldi. Per la serie di pamphlet Jung aveva scritto un testo pubblicitario sperando in più prenotazioni possibili. In questa atmosfera depressa la serie non fu però più allestita. Jung se ne andò per avere un po' di tranquillità e chiarirsi le idee riguardo ai passi successivi. La pubblicità da me stampata fu una catastrofe. Proprio allora, senza contanti, l'avevo mandato in stampa in una tipografia che mi aveva fatto credito. In seguito a quel testo stampato in modo orribile arrivarono sorprendentemente circa 30 prenotazioni. Ciononostante a quel tempo non si poteva più contare su una vendita della serie di pamphlet tale da coprire i costi.
Nel gennaio 1963 Jung era morto a Parigi. Fu sepolto a Stoccarda. Solo una cerchia estremamente esigua era venuta al funerale. Io ero di nuovo in un periodo senza spiccioli e me ne restai in cantina.

(Traduzione dal tedesco di Luca Acuti)







     Precedente    Successivo      GEGNER - L'AVVERSARIO     Copertina