TUNGUSKA

Gregor Kunz

Tunguska

Le gambe del cane dietro le assi dello steccato
Abbandonate sul posto e sul posto in moto
Un vento di pietra risponde dalla Tunguska
Ai gesti del sensale: dajte mne, požalujsta
Ma sono fredde le braccia e troppo poche contro la neve
Come saprà, sono stato un bravo bambino

Ti ho portato in dono questo steccato
E la Tunguska, tomba dei barbieri
Tristi giaciono le scope da decapitare, il vento geme
        e rapa a zero la roccia
Le forbici le hanno rubate ma non fa niente
Quando diventarono grigi erano belli i tuoi occh
i

Di colpo impallidí la tavola di latta, si oscurarono
        il legno e le ragnatele
Un cane passò di corsa e a braccetto
        tra le rocce ulularono le sedie
Di certo farò... di sicuro si farà ancora piú bui
o

È a causa dei tanti che si permettono cosí poco
Perché cosí poco si possono permettere...
Dar via la pelliccia e interpretare un bianco, raffigurare
        le ossa
L'oscuro una volta di piú
Accostato ad uno steccato o su una scop
a

Mentre in cielo oggi è un grigio
Sul quadrante ma non solo:
un cane passa di cors
a

                                         7.99

Tunguska, il paesaggio

Zampe di cane dietro le assi
Le ossa del cane dietro lo steccato del giardino
Due treni e cielo, cinto di castani, lontano a sufficienza
Ma grigio e bruno, allorché il cavaliere con le sue bestie
attraversa il bosc
o

Il cane e lo steccato corrono impetuosamente uno contro l'altro
        il vento in tele di ragno frondame duro
Allorché grigio sulle oscure boscaglie
A poco a poco si voltano dall’altra parte rocche e fossati; distanti tra loro
Betulle faggi pini marittimi e silvestri portano in spalla,
        tre terrazze o quattr
o

Voltarsi dall’altra parte i tetti la sedia e il tavolo, polvere
        dalle macchie solari l’asfalto
Ghiaia levigata, il ciottolato di arenaria; il doganiere
        perde il ferro
col bosco e le lanterne lanterne lanterne; divampano
Nel legno le macchie d‘occhio, il chiaro ancora una volta
Un grigio va sul nero, ogni lavoro finisce.
        In realtà n
o

”Quando diventarono grigi erano belli i tuoi occhi”

                                         11.99

Verde indubbio

Nel letto di bulloni dadi primule officinali
L'erba scorre da sola rubata una bottiglia la camicia
i flauti di ramo gelati il bosco fischi
a

Sul rosso e nerezza dei cappotti la foglia
A me questo martedí è piaciuto
Non dirlo ad altri: il mare non appartiene a nessuno
A tutti le voci che mangiano dalle campagne, ferro e legno,
Allontanare il grasso del cuore, i marinai nel complesso...
        Aho
i

Immacolato, impari, roccia recede
Sprofondano ossa frutti cortecce, nomi con stelle e senza
Senza nomi, rotolano
Ascendono la montagna capovolt
a

Colori di bosco e colori di mare
qualcosa di duro, piante luna e carta
Con occhi
Detriti a strati
Crudelmente aperti
Nella cassa toracica con piume
Le ossa leggere
L'erba leggera
Il pelo leggero
Cosí il vento spir
a

Il tuo bel nome: dove hai poi preso la camicia? 

                                         4.00

Quello che ho detto

Lunedí scorso vincite a carte
        e tutto quel che ti ho detto
Conta in aggiunta la pioggia, il tratto di fiume a nord
        e tutto quel che ti ho detto
I pioppi, clementi nel fumo,
        gin su frantumi di cristallo
La mia pochezza e la tu
a

Cos'è poi che volevo dire... sul fondo degli arti
Questo lunedí risuona da tempo
Azzurra rintocca la campana in punta di dita
        il conteggio: gennaio, febbraio, maggio
Un pezzo di scheletro risiede in una capsula osse
a

Questa sete, ancor piú vecchia, mi sopravviverà,
        con tutto quel che ho detto
Questo gioco, ancor piú vecchio, mi sopravviverà,
        questa fame, il lunedí, l'azzurr
o

Baule, matta e la volpe se la squaglia
Col venerdí nel grugno col sabato
        il segno della penna i color
i

Con tutto quel che ti ho detto
Giú per il fiume
La mia pochezza e la tu
a

                                         7.00

Felice nemico

Non è possibile mangiare, di fronte ai fantasmi
bere ancor meno sul bordo del mare e
        delle vite in fila spars
a

Perfino con la luce tra le costole,
        con il tenero respiro prima di sera
Non si vede niente, credim
i

Il risveglio dopotutto e rivolto sulle dita
Nell'ebbrezza, nelle battute avanti e indietro
Troppo pochi, hai detto, son qui gli uccelli
        di qualsiasi realt
à

Il risveglio insomma con la quiete che accenna a stridere
Nel proprio fiato, dopo l'ultimo, il colpo
        dopo il verme
Quando la mano passò sui capelli... non c’eri ma
i

Tu però, soglia d‘inverno, rondine di portale fagotto
Con la luce tra le costole, a filtrare
        il sudore del sole
Che poco sei diventato. Bevi e mangia di piú
Davanti a tutti gli spettri. Dài, muovit
i

La voglia improvvisa di guardare nello specchio
Felice nemic
o

                                         9.00

(Traduzioni di Antonello Piana)


Le liriche in originale:


Tunguska

Die beine des hundes hinter den latten des gartenzauns
Verlassen am ort und am ort unterwegs
Ein steinwind antwortet aus der Tunguska
Den gesten der makler: Dajtje mje poshalista
Eher kalt sind die arme und zu wenig gegen den schnee
Wie sie wissen war ich ein gutes kind

Ich habe dir diesen zaun zum geschenk gemacht
Und die Tunguska, das grab der friseure
traurig stehen die Besen zu häupten, der wind heult
        und enthaart den fels
Die scheren hat man gestohlen, aber das macht nichts
Als sie grau wurden waren sie schön deine augen

Plötzlich erblaßte die blecherne tafel, dunkelten holz
        und die spinnennetze
Ein hund lief vorüber und untergehackt
        zwischen den felsen heulten die stühle
Ich werde, gewiss... Ganz sicher wird es noch dunkler

Es ist wegen der vielen die so wenig vermochten
Weil sie so wenig vermögen...
Abgeben das fell und deuten ein weiß, darstellen
        die knochen
Das dunkle noch einmal
An einen zaun gelehnt oder auf einen besen

Während am himmel heute ein grau steht
Im zifferblatt aber nicht nur:
        Ein hund läuft vorüber

                                         7.99

 

Tunguska, die landschaft

Hundsbeine hinter den latten
Die knochen des hundes hinter dem gartenzaun
Zwei züge und himmel, gefaßt von kastanien, weit genug weg
Grau aber und braun, wenn mit seinen tieren
        der reiter den wald quert

Heftig aneinander laufen der hund und der zaun,
        der wind in spinnennetze hartes laub
Während grau über den dunklen wäldern
Mählich wegdrehen fels und gründe; unter ihnen weg
Buchen birken fichten und kiefern am buckel tragen,
        drei terrassen oder vier

Sich wegdrehen dächer der stuhl und der tisch, staub
        aus den sonnenflecken der asphalt
Split kiesel, das sandsteinpflaster, der zöllner
        das eisen verliert
An wald und laternen, laternen, laternen; aufflammen
Im holz obendrauf die augenflecken, das helle noch einmal
Ein graues in schwarz geht, alle arbeit endet.
        Nicht wirklich

”Als sie grau wurden waren sie schön deine augen”

                                          11.99

Fragloses Grün

Im bett aus schrauben muttern schlüsselblumen
Gras fließt allein eine flasche gestohlen das hemd
Astflöten gefroren der wald pfeift

Über rotem und schwärze der mantel ein blatt
Mir hat dieser dienstag gefallen
Sag’s nicht weiter: das meer gehört keinem
Allen die Stimmen, die essen von land, holz schlucken
        und eisen
Fortnehmen das herzfett, die matrosen im ganzen...
        Ahoi

Makellos ungleich gestein geht
Sinken knochen früchte schalen, namen mit sternen
        und ohne
Ohne namen, rollen
Steigen im umgedrehten gebirge

Waldfarben und meerfarben
Hartes, pflanzen mond und papier
Mit augen
Gekieselte bänder
Grausam offen
Im brustkorb mit federn
Die leichten knochen
Das leichte gras
Das leichte haar
So der wind weht

Dein schöner name: wo war gleich das hemd her? 

                                         4.00

 

Was ich gesagt habe

Dieser montag gewonnen im kartenspiel
        und alles was ich dir gesagt habe
Rechne den regen dazu, das flußstück im norden
        und alles was ich dir gesagt habe
Die pappeln, nachsichtig im rauch,
        vor kristallstücken gin
Mein ungenügen und deins

Was wollte ich noch sagen... auf dem grund
der gelenke
Dieser montag seit vorzeiten tönt
Blau anschlägt die glocke mit den fingerspitzen
        herzählt: januar, februar, mai
Was im skelett wohnt in der knochenkapsel

Dieser durst, älter noch, wird mich überleben,
        mit allem was ich gesagt habe
Dieses spiel, älter noch, wird mich überleben
dieser hunger, der montag, das blau

Ré, kontra und der fuchs stiften geht
Mit dem freitag im maul mit dem samstag
        der federspur farben

Mit allem was ich dir gesagt habe
Hinunter den fluß
Mein ungenügen und deins

                                         7.00

Glücklicher feind

Unmöglich zu essen, vor den gespenstern
Zu trinken weniger noch am rande des meeres,
der leben unbestimmter reihe

Selbst mit dem licht zwischen den rippen,
der zarten atmung vor abend
Man sieht nichts, glaub mir

Erwacht immerhin und fingergeführt
Im rauschen im anschlagen vor und zurück
Zu wenig, hast du gesagt, sind die vögel hier
        jedweder wirklichkeit

Erwacht immerhin als die stille zu knistern begann
Im eigenen atem, nach dem letzten, dem hieb
        nach dem wurm
Als die hand übers haar fuhr... nie warst du hier

Du aber, eingang des winters, torschwalbe fagott
Mit dem licht zwischen den rippen, des sonnenschweiss
        sickern
Wie wenig bist du geworden. Iß und trink nach
Vor allen gespenstern. Na mach schon

Plötzlich die lust in den spiegel zu sehen
Glücklicher feind

                                         9.00

 


Gregor Kunz è nato a Berlino nel 1959 e vive attualmente a Dresda, dove lavora come giornalista. Si occupa anche di arti figurative, come rende fede non da ultimo la sua poesia. Di prossima pubblicazione un ”romanzo-collage” costituito prevalentemente da fotomontaggi, sulla falsariga delle amate avanguardie est-europee.





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