IL DRAGO IN FERRO BATTUTO

- Brano tratto dal romanzo La notte si tinge di blu -

Maria Rossi

 



(...) Una notte magica. Anche Angela lo vorreb­be. Angela. Alle sue spalle incalzano ma lei dà gomitate per mantenere la posizione, davanti a lei il drago in ferro battuto è irremo­vibile, non cede di un centimetro. Angela. Ha gli anfibi slacciati e tra i corti capelli verdi gocce di pioggia, decorazione degna di una regina, e gocce di pioggia le scivolano sul giubbotto di pelle nera lasciando percorsi di lumaca. Ha una zampa del drago proprio sopra la testa e la lunga lingua biforcuta del mostro che le si infila in un orecchio, così almeno sembra. Angela. Angela la cagna, la chiamano, perché é randagia perché, dicono, si accoppia senza pudore seguendo gli odori forti che hanno le emo­zioni. E riderebbero increduli se sapessero che sa distinguere un capitello ionico da uno dorico. E farebbero un passo indietro se solo intuissero che il suo destino è quello di essere cibo della Vita per esserne cibata.

Patto scellerato, sicuramente: essere cibo della vita per esserne cibata, pazza Angela! Ma quel giorno, come una lancia di Titano, un pensiero andò a conficcarsi nel centro della sua anima: il Futuro deve essere pagato con la Fame e con il Freddo, allontanan­dosi dalla ragionevolezza degli uomini, se necessario. E allora come un guerriero, quel giorno, danzò, per ingraziarsi gli dei. Poi chiuse la porta di casa alle spalle senza nemmeno lasciare un biglietto. No, non sa­rebbe rimasta a fissare l'acqua nera e putri­da del porto, tutte le navi salpate, nel dolore che mai più sarebbe stata giovane. E si era meravigliata di quanto tempo le era servito per capire. Non erano forse settimane ormai, mesi, che il divano con i cuscini in tin­ta del salone era diventato un ostacolo, il frigorifero colmo di provviste un limite, suo padre e sua madre una malattia che la inde­boliva con quella loro vita tra la televisione accesa e il mutuo da pagare, i rancori imba­vagliati e i rimpianti per ciò che avrebbero voluto fare e non avevano fatto, "per colpa tua" si gridavano a vicenda. I suoi genitori, li conosceva bene lei, era inutile che chiu­dessero il loro veleno in barattoli di miele. I suoi genitori, mai si erano chiesti il GESTO CHE CAMBIA LA REALTÀ, mai avevano sen­tito parlare del SENTIERO VERSO LA TERRA PROMESSA, per questo, forse, pensavano che sicuramente le capsule, che il medico le a­veva ordinato di prendere dopo i pasti, le avrebbero fatto passare la nausea. Ma non era stato così. L'unico sollievo, in quelle settimane, in quei mesi, erano state quelle docce gelide che la facevano sentire un ge­ometrico cristallo di ghiaccio, docce gelide a levigarla perché tutto il superfluo se ne andasse via dalla pelle.

E aveva ballato nuda davanti al mare, quel giorno, dopo che il PATTO CON LA VITA era stato sancito: diventare cibo per avere cibo.
Aveva ballato nuda davanti al mare, la porta a vetri aperta sulla terrazza, così dovevano sentirsi gli eroi nelle palestre, felici e liberi, potenti, all'ordine di Ananke. Un incendio violento si propagava nel cielo, il sole vici­nissimo al baratro dell'orizzonte, "le sirene presto lo trascineranno nel fondo del mare" aveva pensato. Poi se ne era andata. E come un pellegrino aveva camminato molto. (...)




(Tratto dal romanzo La notte si tinge di blu, Libertà edizioni, Lucca, 2009.)




Maria Rossi (nella vita Fabiana Taddeucci) vive e lavora a Lucca. La notte si tinge di blu è il suo primo romanzo pubblicato.

 


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