BIG BANG

Francisco Maciel

 

Io stavo bene. Così bene che ho persino pensato di essere eterno. A maggio avevo fatto la comparsa in uno sceneggiato sulla jeunesse dorée di Rio. Mi hanno visto in TV e ad agosto già facevo parte di uno spettacolo teatrale di successo di pubblico e di critica. A settembre ho registrato un CD con brani solo in inglese, tutti brani miei, con arrangiamenti fatti da me, e con un distacco speciale per la mia chitarra, e ed ero anche io il cantante. A ottobre ho traslocato dalla periferia nella zona sofisticata della città. Fino a che, a novembre, ero in un bar che andava di moda allora, ho visto la ragazza della mia vita, l’ho guardata, lei mi ha guardato, ed io ho camminato tra i tavolini verso di lei, e lei ha fatto lo stesso verso di me, ridendo, bellissima, tutta mia, e allora ho cominciato a precipitare, a spegnermi, e lei scompariva. Lei era la mia morte.
Mi sono svegliato una settimana dopo all’ospedale e i dottori hanno detto che soffrivo di una malattia rara, di quelle che capitano a una persona ogni cento milioni. Non si tratta di nessuna di queste moderne e trasmissibili, è proprio una cosa rara. Sembra che io invecchi un anno al mese. E non serve a niente andare negli Stati Uniti. Non c’è rimedio. Una sfiga incredibile!
All’inizio ho lottato come potevo. Ho fatto proprio tutto per conservare le mie abitudini. Volevo andare a letto con tutte le ragazze. Ma la notizia si era già sparsa e tutte mi hanno concesso un affetto distante, segreteria telefonica, e-mail, tanta freddezza.
Allora mi sono aggrappato a Dio. Ho cercato consolazione in tutte le religioni. Ho parlato con preti, pastori, rabbini, maestri yoga, maghi, guru, furfanti. Ho preso parte a sedute spiritiche, al candomblé, sono andato a ritroso nel tempo e mi sono intrufolato in vite passate. Ma non ho combinato niente.
Mi sono immerso allora nella letteratura. Ho letto La montagna incantata, Doktor Faustus, Alla ricerca del tempo perduto, Delitto e castigo e Le illusioni perdute. Ma non è servito a niente.
Ho provato con le droghe e con i paradisi artificiali. Fino a che mi sono rassegnato, sono rimasto per un po’ a casa di mia madre e poi sono venuto a stare in questa casa in campagna che ho comprato in questo paesino nel bel mezzo del nulla. Ogni giorno è l’ultimo giorno della mia vita. La luna rossa dell’estate galleggia sul campanile della chiesa, raggiungibile con un sasso, con un rimbalzo da un trampolino elastico. Si vede l’ombra grigia delle montagne e delle valli, la pallida estesa dei deserti di sabbia cosmica.
In questo inizio di serata appare il primo satellite artificiale, un minuscolo punto di luce, puntualmente frettoloso, che si muove meccanicamente in alto sullo sfondo del cielo eterno. Altri sei o sette satelliti attraversano il quasi eterno cielo con piccoli scintillii di teste di spille. In un futuro prossimo, o lontano, distante da qua e da oggi, una stazione orbitale potrà brillare nel cielo come una piccola città, un villaggio stellare a librarsi su un altro mondo futuro.
Un vento che sembra venire dal mare del futuro o del passato solleva una polvere triste e sospende nell’aria un riso di bambino e fa cadere le foglie secche degli alberi che fanno da albergo ai passeri per una notte d’estate. Nel frattempo, in questo mondo, galilei di laboratorio costruiscono ponti che un giorno uniranno gli uomini fatti di terra ad altre lontane stelle eliotropiche. Nei loro templi, in questo mondo, i galilei di altre dottrine prevedono che la luna piomberà nel mare e onde gigantesche annegheranno tutto il creato, com’è già successo in passato. I figli di Satana e i figli di Dio continuano nella loro battaglia infinita. Ma io so, lo so più che mai, che niente dipende da noi. Non abbiamo mai avuto il controllo di niente. Il destino stesso da molto ha perso il filo. Non si può distinguere, qui e ora, l’inizio della fine, la fine dell’inizio, la fine dell’inizio della fine dell’inizio della fine.
Il vento soffia più forte. Le nuvole nascondono il sole, la luna e le stelle. Notte fonda, ed io non riesco a dormire. Cammino dentro la notte. Parlano di me, raccontano cose, inventano paure. Cammino dentro la notte, mentre il sonno collettivo libera anime e forme. I cani annusano il nuovo animale che avrà la Terra in eredità, e abbaiano eccitati. Lui è sempre stato tra noi, questo nuovo animale. E lui sarà implacabile, come noi. Ma non saremo vivi per raccontare la storia.


L’ORIGINALE IN PORTOGHESE:

BIG BANG

Francisco Maciel

Eu estava bem. Tão bem que cheguei a pensar que era eterno. Em maio tinha feito uma participação numa minissérie sobre a juventude dourada do Rio. Me viram na TV e, em agosto, eu estava no elenco de uma peça com sucesso de público e crítica. Em setembro gravei um CD com músicas só em inglês, todas minhas, com arranjos meus, e com destaque para minha guitarra, e eu era o vocalista. Em outubro me mudei da periferia e fui morar na Zona Sul. Até que, em novembro, eu estava num bar da moda, vi a garota de minha vida, olhei para ela, ela olhou para mim, e eu fui andando entre as mesas na sua direção, ela veio na minha direção entre as mesas, rindo, linda, toda minha, e eu fui caindo, fui apagando, e ela desaparecendo. Era a minha morte.
Acordei uma semana depois no hospital e os médicos me disseram que eu sofria de uma doença rara, dessas que tem um caso em cem milhões. Não é nenhuma dessas modernas e transmissíveis, é coisa rara mesmo. Parece que envelheço um ano a cada mês. E não adianta ir para os Estados Unidos. Não tem remédio. É muito azar.
No começo, lutei feito um condenado. Fiz de tudo para manter minha rotina. Quis transar com todas as minhas garotas. Mas a notícia já tinha vazado e todas elas me deram carinho distante, secretária eletrônica, e-mail, e muito gelo.
Então me agarrei com Deus. Busquei consolo em tudo que foi religião. Conversei com padres, pastores, rabinos, iogues, magos, gurus, escroques. Fui a centros espíritas, rodei candomblés, fiz regressões, fucei vidas passadas. Mas não cheguei a lugar algum.
Mergulhei na literatura. Li A Montanha Mágica, Doutor Fausto, Em Busca do Tempo Perdido, Crime e Castigo, Ilusões Perdidas. Não adiantou.
Tentei drogas e outros paraísos artificiais. Até que me conformei, fiquei um tempo na casa da minha mãe, e vim para este sítio que comprei nessa cidadezinha no meio do nada. Cada dia é o último dia de minha vida. A lua vermelha de verão flutua sobre a torre da igreja, ao alcance de uma pedrada, de um salto em cama elástica. Dá para ver a sombra cinza de suas montanhas e vales, a pálida extensão do seus desertos de areia cósmica.
Neste começo de noite surge o primeiro satélite artificial, um minúsculo ponto de luz, pontualmente apressado, movendo-se alto e mecânico tendo por fundo o céu eterno. Outros seis ou sete satélites cruzam o quase eterno céu com pequenos brilhos fixos de cabeças de alfinetes. Num futuro próximo, ou distante, longe daqui e de hoje, uma estação orbital poderá brilhar no céu como uma pequena cidade, uma aldeia astral a flutuar sobre um outro mundo futuro.
Um vento que parece vir do mar do futuro ou do passado levanta uma poeira triste e suspende no ar uma risada de criança e faz cair as folhas secas das árvores que os pardais fazem de hotel por uma noite de verão. Enquanto isso, neste mundo, galileus de laboratório constróem as pontes que um dia vão ligar o homem de barro a outras distantes estrelas heliotrópias. Em seus templos, neste mesmo mundo, galileus de outras doutrinas pregam que a lua vai cair no mar e ondas gigantescas vão afogar toda a criação, como já aconteceu antes. Os filhos de Satã e os filhos de Deus continuam a sua batalha infinita. Mas eu sei, mais do que nunca eu sei, que nada depende de nós. Nunca tivemos controle de nada. O próprio destino já perdeu o fio da meada há muito tempo. Não dá para distinguir, aqui e agora, o começo do fim, o fim do começo, o fim do começo do fim do começo do fim.
O vento sopra mais forte. Nuvens cobrem o céu, e a lua e as estrelas. De madrugada, não consigo dormir. Ando dentro da noite. Falam de mim, contam coisas, inventam medos. Caminho dentro da noite, enquanto o sono coletivo libera as almas e as formas. Os cães farejam o novo animal que herdará a Terra e ladram avisos. Ele sempre esteve entre nós, esse novo animal. E ele será implacável, como nós. Mas não estaremos vivos para contar a história.


(Racconto inedito, scritto specialmente per la Rivista Sagarana. Traduzione di Julio Monteiro Martins)


Francisco Maciel è laureato in Scienze della Comunicazione all’Universidade Federal Fluminense.
Tra il 1982 e il 1988 ha lavorato come coordinatore editoriale della casa editrice Achiamé, a Rio de Janeiro.
Ha vinto il Primo premio al concorso Rioarte, con il romanzo "Na beira do Rio" (1995).
Nel 1997 è stata allestita la sua pièce “Flutuando” all’interno del progetto Fábrica de Dramaturgia, creato dal regista Domingos Oliveira, al Planetário di Gávea.
Nel 2001, un suo racconto, "Entre dois mundos", ha vinto il Premio Julia Mann di Letteratura, promosso dall’Istituto Goethe di São Paulo, pubblicato in seguito dalla casa editrice Estação Liberdade. Ancora nel 2001 ha pubblicato per la stessa casa editrice il romanzo "O primeiro dia do ano da peste".




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